lunedì 22 ottobre 2018

Saud, la dinastia della sega per ossa


Cosa avrà ulteriormente da rivelare il presidente turco Erdoğan sulla storia dell’orrore che da venti giorni tiene inchiodati cronisti d’indagine, analisti e investigatori sulla linea del sangue versato e di quello alimentato dalla sega per ossa che ha smembrato il corpo del povero Khashoggi, lo scopriremo domani. Nell’annuncio offerto con l’enfasi che gli è propria ha annunciato rivelazioni per martedì. Ma ormai fra verità vere e di comodo, il quadro della vicenda è chiaro in tutti i suoi macabri lati oscuri. La versione della corona è stata affidata al ministro degli Esteri saudita al Jubeir, il trait d’union fra le follìe del principe bin Salman e i desideri dei tutori statunitensi. Il viaggio del Segretario di Stato Pompeo dei giorni socrsi deve averne definito i contorni, perciò ora si ammette che il giornalista scomodo è morto, ma casualmente, soffocato dal manipolo di agenti dei servizi giunti a prelevarlo per ricondurlo a Riyadh con la garanzia (sic) di assicurargli sicurezza. I quindici 007 avrebbero agito fuori dalle direttive ufficiali, per questo ora sono stati arrestati, gli osservatori temono che verranno giustiziati o messi in condizione di non rivelare chi li avesse indirizzati a Istanbul.
La presenza all’interno del consolato di Abdulaziz Mutrib, l’ufficiale dell’Intelligence saudita in più occasioni indicato come uomo della sicurezza ‘ombra di bin Salman’, secondo la versione di al Jubair risulterebbe casuale, dovuta a una chiamata di uno dei due organizzatori del blitz Saoud al-Qahtani che aveva conosciuto l’agente a Londra e lavorato con lui. Al-Qahtani, aiutante del responsabile dell’Intelligence saudita il generale Ahmed al-Assiri, avrebbe col superiore organizzato il sequestro di Khashoggi senza che il principe sapesse nulla. Soffocato inavvertitamente con una presa al collo, l’imbarazzante cadavere dell’opinionista dissidente sarebbe stato portato all’esterno avvolto in un tappeto (sic), mentre un agente vestito coi suoi abiti avrebbe simulato un allontanamento dal consolato. Accortosi della goffaggine del mascheramento il manipolo assassino avrebbe rimosso i video delle telecamere di sorveglianza che avevano ripreso l’uscita del finto Khashoggi. Una verità ufficiale piena di falle e contraddizioni che il Mıt turco può confutare in base alle registrazioni sonore già fornite a diversi media, in cui si sentono voci concitate e l’inquietante presenza del ‘dottor smembratore’, Muhammad al-Tubaigy, esperto in dissezioni e autopsie.
La sua figura, la fama professionale, le registrazioni che ne proverebbero l’operato fanno cadere ogni ipotesi di casualità “all’incidente” occorso a Khashoggi, nei cui confronti è stato preparato un attentato in piena regola, secondo lo stile criminale delle Intelligence che non lasciano tracce. Infatti l’esecuzione su un corpo forse solo narcotizzato è stata rapidissima, la vittima è stata smembrata in una quindicina di pezzi finiti in casse di contenimento, trasferite su Van esterni e imbarcate su due voli privati dell’agenzia saudita verso Il Cairo e Riyadh. Sebbene gli inquirenti sospettino che qualcosa possa essere finito anche in un boschetto non lontano dal consolato dopo le pulizie effettuate nelle ore successive alla sparizione. Pulizie e imbiancatura che dovevano cancellare tracce per i sopralluoghi della polizia turca che nulla ha trovato nell’edificio. L’unica, ingombrante, presenza sono le registrazioni sonore, comprese quelle musicali con cui il sezionatore avrebbe ovattato il rumore della sega, distraendo se stesso dall’infame compito. A queste versioni contrapposte la geopolitica ha già da giorni aggiunto il licet offerto dalla Casa Bianca alla corona alleata, avallando anche le goffe dichiarazioni con cui Riyadh scarica la sparizione sul gruppo di agenti guidato da un binomio della sicurezza impazzito. Tutti costoro sono agli arresti a Riyadh, la possibilità che possano narrare la propria versione dei fatti è scarsa, come la certezza della loro reperibilità futura. Il regime della sega per ossa punta a non lasciare tracce.

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