mercoledì 10 ottobre 2018

Aiuto turco alla sparizione di Khashoggi?


La foto segna in sovraimpressione le ore 13, 14 minuti, 36 secondi e il giorno: 2 ottobre ultimo scorso. L’uomo con la giacca scura che sta infilando un ingresso del consolato saudita a Istanbul è il giornalista Jamal Khashoggi. L’altro uomo in giacca chiara è probabilmente un addetto alla sicurezza e osserva la scena. A questo fermo-immagine esaminato dagli inquirenti turchi non fa seguito il video del circuito televisivo interno, che sembra sparito anch’esso. Occultato o cancellato, come quello che presso la fermata metro El Behoos del Cairo riprendeva gli ultimi attimi di libertà di Giulio Regeni. Nell’attuale mistero della sparizione del giornalista saudita, ricostruito dal quotidiano britannico The Guardian, s’aggiunge lo strano invito rivolto dal consolato alla polizia turca di “prendersi un giorno di riposo”. Incredibilmente sembra che gli agenti di Istanbul l’abbiano preso. Dunque a vigilare sull’edificio diplomatico c’erano soltanto apparati dell’Intelligence di Riyadh. Ora gli investigatori che tirano le fila dell’intrigo immaginano ci sia stato un forzato trattenimento di Khashoggi nell’edificio, per poi uscirne e dirigersi verso l’aeroporto Atatürk. Lì, nella sera del 2 ottobre, è stato registrato l’arrivo di sei auto.
In una di esse, oppure in un Van scuro parcheggiato di fronte all’ingresso del consolato (e visibile anche nell’unico fotogramma in possesso degli investigatori) c’era il giornalista oppure il suo cadavere occultato. Dall’aeroporto internazionale sono partiti due voli privati sauditi, uno verso il Cairo (che dopo lo scalo ha proseguito per Riyadh), l’altro diretto, senza soste, a Dubai. Ma mentre in Occidente i dicasteri degli Esteri statunitense,  britannico, francese si pronunciano perché sulla vicenda ci sia totale trasparenza, il governo di Ankara mostra alcune viscosità. Ai fermi pronunciamenti del presidente Erdoğan sulla soluzione del caso, sono recentemente seguiti comunicazioni altrettanto ufficiali del suo portavoce addirittura rassicuranti verso i Saud, che “non possono essere biasimati”. Un cerchiobottismo che gli analisti economici mettono in relazioni ai molteplici interessi e scambi fra i due Paesi, in una fase in cui crollo della moneta turca e altre vicende finanziarie, condurrebbero i vertici di Ankara a non crearsi inimicizie con la maggiore delle petromorchie, seppure essa è una competitrice regionale. Resta, però, la questione “del riposo dei poliziotti turchi”, se la notizia fosse confermata mostrerebbe una collusione coi piani sporchi dell’Intelligence di Riyadh. Anche quei poliziotti e i loro superiori favorevoli alla “distrazione” rientrano nello Stato profondo gülenista che trama contro il Paese?

 

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