Qual
è la spesa maggiore per
l’Emirato afghano? Gli affari interni, intesi come apparato della pubblica
sicurezza per il quale l’attuale governo di Kabul ha stanziato nel primo
trimestre di pianificazione degna di questo nome (dicembre 2021-marzo 2022) 105
milioni di dollari. Si saranno quadruplicati a fine anno? Non è dato sapere
perché la cifra raccolta e divulgata da un network locale che ha rapporti coi
turbanti è limitata a quel trimestre. Rappresenta, comunque, una significativa
finestra per comprendere come sta agendo il gruppo dirigente talebano che guida
le sorti di 38 milioni di afghani. Rispetto alla situazione del primo Emirato
(1996-2001) le condizioni di fondo sarebbero meno problematiche. Allora la
nazione usciva da una logorante guerra civile e nessuno s’era preoccupato di gestire
la cosa pubblica. La presa del potere nell’agosto 2021 è avvenuta dopo il
ventennio di occupazione straniera durante il quale un sistema statale era avviato.
Certo, con l’apporto claudicante di governi fantoccio, i traffici dei signori
della guerra piazzati in posti di comando, affarismi d’ogni sorta e conseguenti
sprechi di denaro poco o nulla investito per pubblici servizi e soprattutto per
alleviare l’esistenza dei ceti meno abbienti, una corruzione dilagante a ogni
livello della vita politica. Però non si era all’anno zero come quando il
mullah Omar portò le proprie milizie nella disastrata capitale. Oggi egualmente
figure inquietanti come Sirajuddin Haqqani, che riveste l’incarico di ministro
della Difesa, sono presenti ai vertici del secondo Emirato, ma i ventisette
anni perduti per cercare libertà, giustizia, autodeterminazione partono da
presupposti diversi. Il maggior problema dell’attuale amministrazione afghana
riguarda, come s’è detto in più occasioni, la finanza, meno corposa del ‘tempo
americano’, sebbene i famigerati duemila miliardi di dollari spesi in quella
fase hanno nutrito solo l’apparato esterno e interno delle missioni Nato. Dopo
il 15 agosto 2021, oltre a congelare i fondi afghani all’estero (9.5 miliardi
di dollari), la comunità internazionale ha azzerato il flusso degli aiuti,
umanitari e non, che sorreggevano uno Stato economicamente fantasma.
Anche
molte Ong straniere hanno ridotto investimenti e iniziative, talune
per le pressioni politiche dei governi di riferimento che non vogliono offrire
alcun riconoscimento politico e giuridico a un gruppo di potere irrispettoso
dei diritti umani e di genere. Ciò nonostante agenzie delle Nazioni Unite
proseguono, pur con flussi ridotti, a elargire denaro, altro giunge a Kabul da
canali non occidentali. Non parliamo di quegli investimenti da anni in corso
d’opera verso le ricchezze del sottosuolo che arricchiscono colossi come China Metallurgical Group Corporation e
il clan Karzai che sottoscrisse quei contratti, bensì di quote che le monarchie
islamiche del Golfo elargiscono a piene mani, assestando prebende e ricevendo favori
geopolitici. Tornando alle statistiche raccolte dall’Afghanistan Analysts Network,
il secondo ministero afghano più finanziato è quello della Difesa, seguito da
quello dell’Educazione e nel trimestre di cui i ricercatori hanno ricevuto i
dati, la distanza fra le cifre risulta minima: 101 milioni di dollari al primo,
97 milioni al secondo. Per la cronaca il ministero della Salute prevedeva 15
milioni di dollari a trimestre. Ma come? si dirà, si finanzia un dicastero il
cui scopo si tende a boicottare
attraverso la chiusura delle classi superiori femminili, dismesse sin dalla
primavera 2022 con l’alibi della mancanza delle divise per le studentesse. Eppure
i denari c’erano, venivano utilizzati per altro. Pagare gli stipendi dei
dipendenti, compresi gli insegnanti anche se poi restavano inoccupati. Nel
documento non si evince che questo sia accaduto in ogni provincia, fra l’altro
il personale femminile anche nel settore dell’istruzione ha registrato una
grossa contrazione occupazionale. Però l’orientamento a non far mancare lo
stipendio ai dipendenti pubblici (situazione verificatasi nei primi caotici mesi
dopo la presa del potere) diventa un fattore di stabilizzazione sociale.
Ovviamente il problema è trovare i fondi. E in assenza delle entrate
occidentali, la svolta d’una tassazione di talune attività comunque presenti,
legate al commercio d’ogni tipo, sino ad arrivare a quelli lucrosissimi del
traffico di stupefacenti e di esseri umani. Insomma i taliban, fanno trafficare
però riscuotono entrate utili a tenere botta per un minimo di equilibrio
parastatale.
Nell’ultimo
bilancio stilato
dal governo Ghani, prima di fuggire negli Emirati Arabi Uniti con un
cospicuo gruzzolo, i due terzi erano rivolti ai costi di gestione e un terzo
allo sviluppo. Salito al comando il gruppo di Akhundzada ha tagliato centinaia
di progetti programmati dai documenti trovati nel palazzo presidenziale sicuramente
per incompetenza, ma pure per mancanza di dollari. Oddio, tanti progetti
previsti sotto la Repubblica Islamica con tanto di annuncio enfatico nei
Parlamenti dei governi occidentali alleati di Ghani, restavano sulla carta. Non
vedevano luce per vincoli di sicurezza, ritardi burocratici, sviste
amministrative, ammanchi da corruzione. Non riguardavano tanto e solo scuole e
ospedali, prevedevano dighe e distribuzione di elettricità. L’Afghanistan Railway Autorithy ha conosciuto
per anni un trasporto ferroviario circoscritto alla trentina di chilometri che
separano Aqina e Andkhnoy, piccole località sul confine turkmeno. Cosicché
tutta la prosopopea con cui, non all’avvìo di Enduring Freedom ma nel corso di Resolute Support missione subentrata dopo tredici anni dal fatico
ottobre 2001, la propaganda della rinascita afghana parlava d’infrastrutture ferroviarie
continuando a basarsi sulle reti dell’epoca di Re Amanullah (siamo nel 1920). Il
cinico realismo talebano ha tagliato le uscite del ministero degli Affari Femminili,
semplicemente abolito e sostituito da quello della Virtù che probabilmente
pesca fra i 123 milioni di dollari (sempre trimestrali) assegnati a ministeri
vari uniti a corpi e strutture non meglio identificati. Mah… E’ chiaro che la
virtù dei coranici è funzionale alla Shari’a
e dintorni. E poiché tutto il mondo è Paese, nei progetti c’è anche una sorta
di agevolazione per “Kabul capitale”. In essa s’includono scavi di canali di
drenaggio, rifacimento e ampliamento di strade persino nel deprecato (dai
fondamentalisti) quartiere occidentale di Dasht-e Barchi, sventrato da cento
attentati contro gli hazara che lo abitano in maggioranza.