venerdì 14 aprile 2023

Turchia, un mese di volata elettorale

 


I magnifici quattro delle elezioni del centenario turco si mettono in fila sulla scheda. Due volti sono noti, uno addirittura idolatrato oppure odiato, è il presidente uscente Recep Tayyip Erdoğan, cui fa eco lo sfidante maggiore, il segretario del partito repubblicano Kemal Kılıçdaroğlu. Fra i restanti Muharrem İnce ha conosciuto un momento di notorietà guidando nel 2020 una sorta di ribellione al narcisismo di Kılıçdaroğlu al quale contestava la reiterata centralità personalistica nel Chp. Di quel partito İnce era membro, s’era anche presentato alle presidenziali del 2018 senza molta fortuna. Oggi entrambi si ritrovano candidati per la massima carica e ritentano la sorte. Il quarto uomo, poiché nessuna donna è stata premiata con una candidatura, è l’azero Sinan Oğan, proviente dal partito di estrema destra Mhp, da tempo alleato fedele dell’Akp erdoğaniano. Oğan col partito d’origine ha conti in sospeso: nel 2015 fu espulso, fece causa e la vinse tanto da essere reintegrato nel gruppo per venire successivamente ancora una volta cacciato. Col dente avvelenato ha presentato la candidatura alla presidenza sostenuto da 100.000 firme e completa la quadriglia. Oğan nutre vendette personali e, ben sapendo di non poter aggiungere neppure uno zero alle sei cifre che l’hanno condotto al fianco di chi aspira alla guida della nazione, può fungere da guastatore togliendo voti agli ex amici lupi grigi orientati su Erdoğan. Per indispettire ulteriormente il suo fronte sta coadiuvando Kılıçdaroğlu nel sostenere la teoria dei ‘brogli indiretti’. In una conferenza stampa incentrata sulla “sicurezza elettorale” i due hanno denunciato alcune anomalie. La prima è l’incongrua presenza di siriani, afghani, pakistani nelle liste degli elettori, non è chiaro se si tratti di rifugiati che hanno preso la cittadinanza turca e dunque sono ammessi nei seggi  oppure siano stati scritti indebitamente. 

 

La seconda particolarità riguarda i terremotati, oltre un milione e mezzo dei quali non sono registrati nelle sezioni pur provvisorie che vengono allestite nelle aree colpite dal sisma del 6 febbraio scorso. Per la cronaca stanotte è stata registrata l’ennesima scossa: 4.3 di magnitudo nel distretto di Sincik. A detta dei candidati in questione il Consiglio Elettorale Supremo è chiamato alle verifiche e ai provvedimenti del caso. Erdoğan e il suo staff non hanno neppure sfiorato questi temi, sono concentrati nel divulgare il progetto secolare della Turchia, quello del Duemila da affiancare al centenario della nazione di Atatürk. Un piano rivolto alla Vatan del futuro sempre più proiettata nella geopolitica mondiale ben oltre il Medio Oriente, nonostante le difficoltà economico-finanziarie interne. Su cui comunque le ricette del ‘Tavolo dei sei’ d’opposizione all’Akp e al presidente uscente paiono alquanto vaghe. Ancora una volta l’alleanza Nato fa tenere in conto la Turchia come soggetto forte e necessario alla pianificazione della sicurezza strategica. E’ una carta che Erdoğan non si fa sfuggire, e sul terreno securitario raddoppia rinfacciando alla coalizione che lo contrasta l’accordo col filo kurdo Partito Democratico dei popoli i cui vertici propendono per riversare il voto della numerosa comunità sui candidati laici. Nei primi comizi il refrain di Erdoğan è stato: “Questa organizzazione terroristica (tale viene considerato l’Hdp, ndr) è un partner dell’alleanza d’opposizione. La mia gente saprà spezzare il complotto”. L’orientamento di voto dei numerosi elettori kurdi resta sicuramente la variabile con cui fare i conti, specie se il presidente uscente non conseguirà una rielezione al primo turno, quindi con più del 50%. L’eventuale ballottaggio è previsto dopo due settimane, lui confida nella dispersione altrui e nel sostegno, oltreché dei milioni di fedelissimi,  anche di casate islamiche. Il figlio di quello che negli anni Novanta fu mentore di Erdoğan - Erbakan - aderisce all’alleanza con l’Akp col suo partito Yeniden Refah. Mentre il partito islamista kurdo Huda Par non ha schierato alcun candidato proprio. Il presidente dell’odio e amore conta nel loro appoggio.

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