domenica 21 ottobre 2018

Afghanistan, il voto sotto le bombe



Le terze elezioni politiche afghane ritardate, anno dopo anno, dal 2015 arrivano a scadenza pur fra attentati, sangue e vittime. Ieri a Kabul sono morte una quindicina di persone in un attacco al seggio nella zona di Sar-e Kotal, che aggiunte ai cittadini colpiti a Kunar, Kunduz, Tabag portano a una cinquantina il bilancio di sangue nella sola giornata di sabato. La Commissione elettorale ha prolungato le operazioni di voto in 400 seggi anche stamane, poiché la registrazione elettronica aveva prolungato l’iter di iscrizione nelle sezioni elettorali. Potevano accedere ai 5000 seggi aperti circa 9 milioni di elettori, le notizie fin qui giunte indicano in un terzo i votanti. 2000 seggi non sono stati attivati in quelle province che non offrivano garanzie di sicurezza perché il territorio è sotto totale controllo talebano e questi non consentivano alla gente del luogo l’afflusso ai seggi. E’ accaduto a Ghazni e Kandahar dove giovedì il capo della polizia era finito sotto i colpi mortali dei talebani. La violenza ha anche eliminato alcuni candidati, dieci sono caduti nelle scorse settimane in agguati tesi da taliban o jihadisti dell’Isis, su un totale di 2.565 concorrenti alla sfida elettorale.
Costoro partecipano al rinnovo dei due rami del Parlamento: la Camera Alta (Mesherano Jirga) che prevede 102 eletti, e la Camera Bassa (Wolesi Jirga) con 250 seggi, di cui 68 riservati alle donne. In quest’Assemblea si ripresentava la deputata del Partito della Solidarietà Belquis Roshan, già eletta nel 2012 nella provincia di Farah e nota per le successive vistose contestazioni contro la presenza di Signori della guerra nelle Istituzioni. Dalle prime notizie che ci giungono, il sostegno alla Roshan risulta anche stavolta amplissimo e, se non ci saranno ostacoli burocratici e soprattutto brogli, la determinatissima onorevole potrà continuare il lavoro politico intrapreso a favore delle donne e della cittadinanza del suo distretto. La questione dei voti truccati è un fantasma sempre presente nelle consultazioni afghane ed è stato il motivo del ripetuto rinvio; il riconoscimento elettronico dell’elettore, introdotto in questa tornata, ha solo parzialmente aggirato l’ostacolo del plurivoto e delle schede già contrassegnate. Probabilmente anche in quest’occasione si verificheranno lamentale e contestazioni al momento dello spoglio.
Uomini del governo come il presidente Ghani hanno offerto passerella e voto nell’ipervigilata struttura della Amani High School, sotto i riflettori di Tolo tv, calzando sul capo un turbante tribale, ha ricordato che questo era un passo “di diritto e responsabilità del Paese”, rivolgendo un pensiero ai martiri della libertà, le vittime legate al voto, fra cui ha posto anche il generale Raziq, colpito dai talebani a Kandahar. In altri seggi stessa attenzione alla scheda nell’urna del premier Abdullah, del ministro degli Esteri Salahiddin Rabbani, del rappresnetante dell’Alto Consiglio di Pace Khalili gli uomini dall’oscuro passato contro cui Roshan sollevava i cartelli di protesta nella Wolesi Jirga. Stamane la Commissione elettorale ha iniziato ad ammettere alcune carenze negli stessi seggi vigilati e protetti dall’esercito, nelle sezioni che, ad esempio, non hanno aperto i battenti perché si sono creati forfeit fra il personale preposto all’assistenza al voto. Lì gli iscritti non hanno potuto espletare le operazioni. Anche questi rientrano fra gli incidenti menzionati dal ministro dell’Interno Barmak come intralcio al voto, certo meno sanguinario di quelli provocati da assalti o dall’uso di Ied.

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