Pensava di cambiar vita il noto
opinionista saudita Jamal Khashoggi, così è entrato nella sede del consolato
del proprio Paese a Istanbul mentre l’attuale fidanzata l’aspettava per via. Il
giornalista depositava la documentazione per ottenere il divorzio da una
precedente partner. Però l’uscita da quell’edificio non è mai avvenuta e la
compagna, lasciata fuori dall’edificio, non vedendolo tornare ha dato l’allarme
della scomparsa. Per la polizia turca, e anche secondo l’ufficio del ministero
degli Esteri saudita, l’uomo è ancora all’interno del consolato, mentre secondo
la cerchia dei suoi amici Khashoggi è stato rapito. Un mistero in piena regola
che dura da due giorni. Sul fronte lavorativo il giornalista, oggi
cinquantanovenne, aveva già cambiato molto, sia la testata di riferimento e
pure la residenza cercate negli Stati Uniti. Da lì sul Washington Post proseguiva una valutazione critica della gestione
politica che da due anni ha stravolto parecchie dinamiche interne della nazione
capofila delle petromonarchie del Golfo. Inutile sottolineare che il bersaglio
dei suoi resoconti era Mohammed Bin Salman, il sovrano di fatto di Riyad. Gli
staff governativi dei due Stati stanno comunque gestendo la questione prima che
diventi un’emergenza. Certo Khashoggi, che ha lettori su carta stampata e
fruitori del suo pensiero critico sul blog, è troppo conosciuto per sparire nel
nulla senza richiamare l’attenzione di media e anche Intelligence. Ma dal Washington Post fanno sapere
l’infruttuosità dei tentativi compiuti dalla direzione del giornale per
rintracciare il collaboratore, e la stessa agenzia Reuters propende per un affare di Stato. Situazioni strane, al
limite della legalità, sono già state proposte dalla creatività repressiva del
principe-sovrano di casa Saud. Il caso più clamoroso fu l’enclave-sequestro
propinato mesi addietro ad affaristi e a diversi membri della famiglia reale,
tutti trattenuti per diversi giorni all’interno del Ritz-Carlton Hotel di Riyad
nel corso d’una cosiddetta campagna anticorruzione. Alle strette fu messo il
principe Alwaleed Bin Talal assai critico verso i passi di re Salman che hanno
imposto l’avvento dell’ingombrante Mbs. Per non parlare di altre figure, in
primo luogo oppositori e attivisti dei diritti, finiti in galera con condanne
pluridecennali. E’ l’apertura modernista del principino riformatore.
Nessun commento:
Posta un commento