Si sono incontrati, il leader repubblicano del Chp Kemal Kılıçdaroğlu candidato alla presidenza turca per l'Alleanza Nazionale e i copresidenti del partito filo kurdo Hdp, Pervin Buldan e Mithat Sancar. Un’ora fitta di dialogo su temi definiti da entrambi i gruppi importanti. Nel relazionare ai giornalisti accorsi per ricevere impressioni il capo del Chp ha evidenziato la convergenza sull’idea di sistema giudiziario indipendente e imparziale, come a dire: la magistratura, che dopo il tentativo di golpe del 2016 ha subìto l’epurazione anti-gülenista, non garantisce un ruolo super partes. “Non accettiamo l'uso della magistratura come un bastone sulla politica” ha ribadito il politico alevita che vuole scalzare Erdoğan. E ancora: due ferite aperte nel Paese riguardano lo stato di diritto e quello sociale, il primo inficiato dall’autoritarismo del regime, l’altro messo in ginocchio dallo squilibrio della redistribuzione del reddito fra ceti sociali che la crisi economica e l’inflazione impoveriscono sempre più. Convergenze sul cambiamento climatico e nel predisporre un più cogente programma per combattere la violenza di genere “la violenza contro le donne deve finire, esse sono l’elemento più importante della società” ha sottolineato Kılıçdaroğlu. Ovviamente tutti d’accordo sul programma emergenziale di recupero rispetto al disastro del sisma, per ragioni di coscienza umana e umanitarie prima che per gestire un tassello politico presente inevitabilmente nei piani del governo uscente, che caratterizzerà la breve e intensissima campagna elettorale. Della specificità kurda il candidato repubblicano vuole investire il Parlamento: “Come tredicesimo presidente turco (Kılıçdaroğlu è ottimista per il risultato del 14 maggio, ndr) porrò fine al conflitto nel nostro Paese”.
Anche Buldan e Sancar annuiscono alle dichiarazioni dell’interlocutore: “Abbiamo parlato delle aspettative della società turca e del popolo turco nei nostri confronti” e con questo rimarcano la faglia sempre presente della questione etnica che ha risvolti culturali oltre che politici. “Il motivo per cui abbiamo ospitato nella nostra sede il signor presidente consisteva nel dimostrare che siamo favorevoli alla soluzione democratica della questione kurda sotto l’egida del Parlamento”. “Il nostro partito (Hdp, ndr) ritiene necessario un urgente programma rivolto ai settori sociali e alle strutture che hanno subito gravi danni dal terremoto. Occorre un programma immediato di riparazione. Il nuovo inizio in Turchia sarà possibile solo creando una vita e un sistema basati sulla democrazia, i diritti umani, la giustizia e la libertà”. Il giorno precedente a quest’incontro, parlando a Izmir, Kılıçdaroğlu aveva annunciato la strategia dei quattro pilastri: "Il primo pilastro è una democrazia forte, il secondo è la produzione, il terzo è una forte comprensione dello stato sociale, l'ultimo pilastro è la sostenibilità". E poi da padre della patria: "Dobbiamo creare un sistema che, indipendentemente da chi sale al potere, garantirà alla Turchia riparo da simili crisi". Crisi ed emergenze attualmente sono anche il pane distribuito dai discorsi di Erdoğan, anch’egli mobilitato, con la forza offertagli dai media di Stato e l’autorità della presidenza in corso. Ecco l’ultimo sunto: la distruzione del terremoto ammonta a oltre 100 miliardi di dollari ("non è possibile per nessun Paese combattere da solo contro un tale disastro” ha chiosato ma ha pure ringraziato l’Unione Europea e la comunità internazionale per il sostegno finora offerto e quello futuro), il numero di edifici crollati, immediatamente distrutti, gravemente danneggiati o inabitabili ha raggiunto i 300.000 edifici, e il numero di unità indipendenti è salita a 876.000 in undici province. Quindi la promessa: “Nel primo anno, prevediamo di consegnare 319.000 case su un totale di 650.000”. In contemporanea il governo continua a installare tendopoli, creare città-container e prefabbricati, dove collocare mezzo milione di persone. Per quanto tempo non viene detto. Per ora prevale l’offerta: un voto per un tetto.
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