E’
accaduto -
La corsa del sultano si ferma, dopo tredici anni, stoppata dal blocco
democratico popolare messo su dal partito filo kurdo del Bdp allargato ad altre
forze della sinistra. Kurdi e turchi, insieme contro l’autoritarismo dell’uomo
che voleva farsi Stato e popolo, più di Atatürk, nel nome di Allah. L’Hdp di
Demirtaş supera ampiamente un’asticella altissima, posta dal sistema elettorale
al 10%. Vola più in alto, oltre il 12% strappando 78-80 deputati, quelli che un
Akp, ridotto per la prima volta a meno del 41%, avrebbe incamerato in caso di
mancato quorum dell’opposizione. Con quei seggi il partito islamico avrebbe
superato la fatidica cifra dei 330 parlamentari chiudendo ogni partita: nuovo
governo monocolore e soprattutto nuova Costituzione, scritta in totale
solitudine, senza prostazioni pluraliste. In perfetta consonanza con lo spirito
erdoğaniano: l’uomo del destino, il padre della Patria decide per tutti mentre
i sudditi applaudono. Questo film non verrà proiettato in nessuna piazza turca.
Né in quella ancora impregnata di sangue di Diyarbakır, che come tutte le
province filo kurde del sud-est l’hanno impedito con le solite percentuali a
grandi cifre, né in altri luoghi che hanno reso possibile la novità assoluta: una
doppia cifra a livello nazionale che spalanca allo schieramento le porte
parlamentari.
Due
avanzate -
Mentre i repubblicani del Chp hanno riconfermato un 25% e restano il secondo
partito, un’avanzata la compie la destra nazionalista del
vecchio Bahçeli segnando un 16% che frutta 83 deputati. Tenete a mente i
numeri, perché serviranno nei prossimi giorni a capire gli sviluppi della
situazione. Quando un rancoroso presidente, non più in odore di
presidenzialismo, dopo consultazioni di prammatica potrà offrire al partito di
maggioranza, ormai relativa, l’incarico di formare un esecutivo. Magari se
l’incarico toccherà all’ex premier Davutoğlu, il suo sorriso sornione non farà
trasparire emozioni; ma al li là delle maschere questo voto dice una cosa
chiara e netta: il sultano è nudo. Troppo Erdoğan aveva puntato su tale
scadenza, invadendo un campo che sentiva già suo e ponendosi, nel corso della
campagna elettorale, in prima linea nella contesa anziché incarnare in maniera
più misurata, se non proprio super partes,
il ruolo che sta ricoprendo: la presidenza del popolo turco, tutto il popolo
anche quello di linea kemalista, e l’altro popolo (kurdo) che la patria turca
disconosce definendolo ‘i turchi di montagna’ e senza dimenticare le altre
minoranze. Il cammino futuro impone all’Akp di trovarsi un alleato a sostegno
d’un programma che non ha grandi affinità con nessun’altro.
Scenari
– L’unica ipotesi che appare attualmente impraticabile è un
governo delle opposizioni (repubblican-nazionalista-kurdo). Se non si vuole nel
giro di due mesi tornare alle urne - e vista la tendenza in atto solo un folle
penserebbe di cavalcare un trend sfavorevole rilanciando la sfida elettorale -
gli islamisti devono lavorare d’umiltà e diplomazia, cercando un alleato per un
governo che effettivamente potrebbe saltare in ogni momento. Il compromesso,
solo tattico, può virare a destra verso l’area oscura d’una destra orgogliosa
del suo laicismo militarista, che non ama l’Islam politico, ha nostalgìe e smanie
golpiste, coccola i “Lupi grigi”, mostra un razzismo di ritorno proprio verso le
minoranze etniche. La stessa bomba assassina di venerdì pomeriggio può essere
scaturita dall’ambiente eversivo e fascista ancora ben presente in una parte
del Paese. Un simile passo aumenterebbe le critiche interne e internazionali a
Erdoğan. L’atra ipotesi consiste nel baciare il “demone kurdo”, che stavolta
però si presente molto, ma molto più voglioso. Solido nella posizione di vincitore d’una partita storica,
resa tale, proprio dalla boriosa velleità dell’uomo che voleva avere tutto.
C’è, è reale, la possibilità che nessuna delle due componenti che portano in
dote la quota 80, o giù di lì, deputati riesca o voglia accordarsi al ribasso.
Allora le urne riapparirebbero all’orizzonte e forse per l’Islam politico
turco, solo tre anni fa in irrefrenabile ascesa, tutto ciò diventerebbe un
incubo.
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