giovedì 2 febbraio 2023

Scoop afghano

 


L’ineffabile direttrice del TigìUno, Monica Maggioni, già presidente Rai (sì, però lo è stata anche Lucia Annunziata, direbbe lei ed è vero, ma si tratta di cariche lottizzate, lo sa ogni italiano) ha lanciato uno scooppone. Per sua ammissione se l’è tenuto in caldo nel cassetto, quasi fosse uno scottante dossier, per mesi. Glielo forniva un giornalista, Filippo Rossi, già cronista de Il Tempo, incerto per un periodo se buttarsi in politica, faceva il portavoce di Scajola, quel ministro berlusconiano munito a sua insaputa d’un pregevole appartamento con affaccio sul Colosseo. Quindi, il Rossi, è stato nell’ordine: scrivano di Gianfranco Fini in FareFuturo, suo sodale in ‘Futuro e Libertà, tanto da duettare  a suon di grida con Sallusti (Il Giornale) che rammentava, a lui e al capo, i benefici dello sdoganamento post-fascista, ecco l'amorevole teatrino:

https://www.youtube.com/watch?v=0Lg6jZUE2Mc

Forse Rossi era già in Rai, quando ancora sognava d’incarnare una politica con la ‘Buona Destra’ (sic):

https://www.romatoday.it/politica/elezioni/roma-2021-comunali/filippo-rossi-buona-destra-appoggio-calenda.html

calendarizzando un possibile Calenda destorso, avendo evidentemente perso di vista quello sinistrorso… Torniamo, però, allo scoop perché l’incerto Rossi ha poi scelto di fare il giornalista e che giornalista, visto che è imbarcato sulla rete ammiraglia di mamma Rai. Nei mesi scorsi, durante trasferte afghane recupera testimonianze e documenti su pagamenti effettuati dal Qatar a comandanti  dell’esercito di Kabul, affinché non combattessero. Se questo è scritto nero su bianco, la prova è inconfutabile, ma che somme di denaro di svariata provenienza, dai dollari incamerati dai governi corrotti di Kharzai (lo scandalo di Kabul Bank risale al 2010), a quelli successivi riguardanti Ghani e il suo vicepresidente signore della guerra Dostum. Ai finanziamenti sauditi e qatarioti a gruppi del salafismo jihadista non necessariamente talebani, a quelli iraniani a un altro signore della guerra, Hekmatyar, sono noti da decenni a chi tratta i drammi afghani sulla via dell’informazione o degli aiuti umanitari. 

 

Peraltro la lunga trattativa di Doha, fra i vertici talebani e il governo americano tramite le amministrazioni Obama (che aveva sponsorizzato l’ennesimo governo fantoccio a Kabul con Ghani, uomo della Banca Mondiale) e poi Trump, si svolsero non a caso nella capitale qatariota. Lì i coranici avevano aperto propri ‘uffici di rappresentanza’ in aggiunta alle sedi di Kandahar e Quetta. Alla coppia Rossi-Maggioni forse sfugge che non, o non solo, i denari promessi e versati dagli emiri ai bacati generali afghani - a lungo esaltati dalla dispendiosa missione Nato Resolute Support, finanziata dal 2014 fra gli altri anche dal nostro Parlamento con cifre che oscillavano sul miliardo di euro l’anno - avevano smesso di combattere mesi e mesi prima del fatidico 15 agosto 2021 quando tutto crollò. Dal 2020 si parlava di diserzioni di massa, comprese quelle di ufficiali, d’infiltrazioni dei miliziani islamici fra le slabbrate fila d’un apparato costosissimo quanto inaffidabile che facevano meglio comprendere le dinamiche di attentati in luoghi che avrebbero dovuto essere controllatissimi. Questo è stato l’Afghanistan che per anni la comunicazione mainstream, in cui probabilmente il TigìRai si trova benone, ha tenuto nascosto per non contraddire le decisioni atlantiste che vedevano governi, istituzioni nazionali ed estere (Unione Europea) acquiescenti davanti a decisioni prese unicamente dalla Casa Bianca e dal Pentagono, con la variante di Langley. Ai maghi dello scoopRai ricordiamo che per mesi gli stessi New York Times e Bbc parlarono della rotta d’un esercito ormai esistente solo sulla carta. Bastava seguirli. Però lo scorso dicembre, con la vetrina dei Mondiali di calcio, è spuntato il Qatargate con tanto di nomi e cognomi dei soggetti coinvolti. Quale occasione più ghiotta per lanciare il “segreto” tenuto nel cassetto e presentarlo come notiziona da primo ascolto?  Da fedeli telespettatori, oltreché pagatori forzati di canone, attendiamo i risvolti della preziosa documentazione. 

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Scoop afghano, un altro Filippo Rossi  (errrata corrige)
 
Una donna che sa e non vuole apparire, che comunque ringrazio, mi scrive su Fb affermando che c’è uno scambio di persona. Nell’articolo ho confuso i Filippo Rossi. L’autore di quello che la direttrice di TigìUno Maggioni lancia come uno scoop, è un altro giornalista, collaboratore fra l’altro de L’Espresso. Vengo a scusarmi con tutti. I lettori innanzitutto e i due Rossi che sono cronisti omonimi, ma sicuramente diversi. Restano inalterate le considerazioni sullo scoop. Se e quando vorrà Filippo Rossi-reporter - come leggo dal suo profilo Fb - sarà benvenuto per un confronto con quanto lui ha visto e sentito in loco e la nostra conoscenza dell’Afghanistan, vissuta fra donne e bambini, formazioni politiche, Ong locali, associazioni italiane di supporto. Se al dialogo parteciperà anche la direttrice Maggioni sarà una festa. 
 



 

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