venerdì 10 febbraio 2023

Turchia, il conflitto degli aiuti

 


Scrive la stampa turca non schierata col governo come Cumhuriyet: “Anche l'associazione AHBAP del manager di Haluk Levent sta svolgendo un lavoro straordinario per aiutare le vittime del terremoto”. Haluk Acil, in arte Levent, è un sessantottino nel senso che è nato nel 1968, diventato rockettaro per scelta: voleva rilanciare il rock anatolico, che è una fusione fra la musica ‘rocciosa’ e il folk turco. Il percorso del rock anatolico parte da lontano e s’è consolidato soprattutto nei formidabili anni Sessanta e Settanta. Anche sotto le dittature militari gli influssi dei ritmi di Rolling Stones, Led Zeppelin, Yes attraevano la gioventù metropolitana di Istanbul e dintorni. Diversi artisti turchi si gettarono nell’avventura musicale, così fra band e solisti, fra rock psichedelico e nuovi percorsi si sono contate decine di rockstar anatoliche. Levent è uno di loro, esploso a metà degli anni Novanta e attivo anche in tempi più recenti. Si è anche interessato al sostegno di cause umanitarie dando vita a una Ong - l’Ahbap appunto - che ha fatto di recente interrogare la stampa nazionale se il musicista fosse attratto dalla politica e volesse candidarsi alle elezioni. Non ci sono state, almeno finora, conferme o smentite. Lui e l’associazione si sono mobilitati fin dalle prime ore in cui si muoveva la macchina dei soccorsi ai terremotati, un’attivazione che per via statale è stata criticata per la lentezza e la differenziazione del sostegno fra zone abitate da popolazione turca e altre etnìe, con la prevalenza di quella kurda. Ora Levent pare preso di mira da persone vicine al potere, viene accusato di "cercare di screditare" le istituzioni statali. Un membro dell'AKP del Consiglio Provinciale di Kirşehir, Berk can Doğan, critica l’operato dell’associazione vicina al cantante che userebbe il lavoro dei volontari per farsi pubblicità. Mentre più esplicitamente un esponente nazionalista del Mhp, alleato politico dell’Akp, invita i sottoscrittori di fondi a indirizzarli all’Afad, l’agenzia della protezione civile controllata dal governo perché non si fidano dell’operato di Ahbap.

 

Sul tema è intervenuto Erdoğan in persona: "In talune aree il problema più grande è il traffico causato da veicoli provenienti dall'esterno. L’assistenza attraverso Afad impedirà intralci ed esitazioni. Ogni centesimo del nostro aiuto ad Afad è speso per le attività nella regione del terremoto“. Eppure c’è chi insinua una mancanza di trasparenza negli aiuti della struttura governativa, e chi si preoccupa che le donazioni non vengano utilizzate correttamente. Questo è solo uno degli strascichi sulla politica dell’effetto sisma, certamente ne seguiranno parecchi. Galoppa quello sulla carenza di rigorose misure preventive nell’edificazione successiva all’egualmente disastroso terremoto del 1999 (oltre diciottomila vittima, con l’attuale si sono giù superate del 21.000), soprattutto perché mentre nei primi anni leggi adeguate non erano state studiate da Parlamento e governi, in seguito le normative sono entrate in vigore. In tal senso desta scandalo la disgregazione di palazzi che avevano solo quattro-cinque anni di vita. Pur di fronte a un evento terrificante che ha sventrato la terra, a odor di naso se il materiale usato dai costruttori non risultava scadente, probabilmente molti edifici non rispondevano alle necessarie misure previste da regole edilizie di prevenzione. Le cronache turche divulgano la nota del fermo d’un imprenditore, Hüseyin Yalçın Coşkun, che ad Hatay aveva realizzato un residence imploso su se stesso. L’uomo stava fuggendo in Montenegro. Non è detto che l’arresto placherà la rabbia popolare, anche perché di crolli simili ce ne sono a migliaia e probabilmente anche di costruttori senza scrupoli, fuori norma oppure condonati. Una questione dall’indubbia ricaduta politica che si rifletterà sul voto che potrebbe essere procrastinato. Per ora il governo blinda l’orizzonte con tre mesi di emergenza socio-umanitaria, visto che milioni di persone restano senza alloggio. Il resto è in divenire.

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