mercoledì 15 febbraio 2023

Turchia, le elezioni come resa dei conti

 

"Il disastro per questo Paese è Erdoğan”. Va giù duro Kemal Kılıçdaroğlu, capo del maggior gruppo d’opposizione turca (Chp) erede del partito di Atatürk che un secolo fa creò la Turchia moderna. L’anziano leader non vuol sentir parlare di elezioni rimandate: “Le elezioni si terranno secondo i tempi prestabiliti, la Costituzione è molto chiara, le consultazioni non possono essere rinviate. Non c'è proroga in caso di disastro, né il Parlamento né le Forze Armate hanno l’autorità per attuarla. Chi spinge per questa soluzione attua un colpo di stato”. Poi si è lanciato a commentare il disastro del sisma:Il mio dolore è indicibile. Ho attraversato la zona del terremoto. Ho visto bambini senza famiglia, ho visto madri che hanno perso figli. Ho pianto con i padri. Ho udito un grido per le donne disperate che sentivano la voce dei loro cari sepolti tra le macerie. Ho visto gente urlare: "Dov'è il governo?" Non posso cancellarli dalle orecchie. Imprudenza, irresponsabilità, corruzione hanno contribuito alla tragedia. Chiaramente il sangue dei nostri cittadini è nelle mani di questo potere. L'unico responsabile è il suo regime”. La risposta del presidente turco non s’è fatta attendere, per quanto sia stata indiretta e non ha toccato finora la scadenza elettorale di metà maggio. 

 

Intervenendo dalla sede dell’Afad (Disaster and Emergency Management Presidency) Erdoğan è andato sul concreto: "Secondo la situazione attuale, possiamo iniziare la costruzione di 30.000 case all'inizio di marzo.  Il nostro Ministero per l'Ambiente, l'Urbanizzazione e il Cambiamento Climatico assieme all'Amministrazione degli Alloggi Pubblici (indicata come responsabile di mancati controlli per alcuni crolli di palazzi sotto la sua giurisdizione, ndr) hanno iniziato i preparativi per nuove case e città da costruire nella regione. Sapendo che non abbiamo un solo minuto da sprecare, procederemo immediatamente ai lavori di costruzione ovunque la valutazione dei danni sia completata”. Il governo punta a completare la realizzazione di edifici “sicuri e di alta qualità” in un arco temporale di un anno per risolvere le esigenze abitative in tutta l’area sismica – fanno sapere dall’Esecutivo – prevedendo ovviamente case lontane dai punti in cui la faglia anatolica si è allargata. In quali zone si costruirà non è tuttora chiaro, visto l’ampia dimensione della fascia terremotata. "Nel frattempo, stiamo progettando di soddisfare le esigenze abitative temporanee utilizzando tutti i mezzi e le risorse del Paese, fra cui tende, contenitori, strutture prefabbricate, dormitori, camere d'albergo e pensioni pubbliche assegnate a questo scopo, e case in affitto in altre province. Chiedo ai nostri cittadini terremotati la pazienza per un anno” ha affermato Erdoğan da buon padre e da presidente della concretezza. E ancora: “Allevieremo le sofferenze, guariremo le ferite e compenseremo le perdite derivanti da questo disastro senza cedere alla stanchezza e alla disperazione”. Crederci? Gli osservatori chiosano che si sta giocando tutto. 

 

 

Il governo ha già annunciato che offrirà 15.000 lire turche (745 euro) per le spese di trasloco e da 2.000 a 5.000 lire in affitto per ogni casa diventata inagibile, promesso anche un sostegno iniziale di 10.000 lire (497 euro) a ogni famiglia disastrata. Mentre centomila lire (circa 5000 euro) sono previsti per bisogni urgenti dei parenti delle vittime accertate. Finora solo questa cifra ammonterebbe a 200 milioni di euro. Eppure trovare il denaro per l’emergenza non sembra rappresentare un problema nonostante un’economia piegata dalla crisi e da un’inflazione al 40% e oltre. Finora il sostegno non manca: oltre cento nazioni stanno contribuendo all’emergenza, più di 80 Paesi hanno inviato squadre di scavo. Più complicato sarà ricevere finanziamenti per la ricostruzione che il presidente promette pure rapida. Dal fronte dei petrodollari sauditi a quelli altrettanto chiacchierati qatarioti non ci dovrebbero essere problemi, sebbene le contropartite sono sempre dietro l’angolo. Come del resto potrà accadere con gli istituti occidentali (Fmi e Banca Mondiale). Prima d’una sicura conflittualità politica, che per ora ha visto all’attacco i repubblicani, è in corso quella sulle Organizzazioni non governative. L’Ahbap animata dal musicista Levent è stata ostracizzata da attivisti locali del partito nazionalista (Mhp) alleato del partito di maggioranza (Akp) che invitano i sottoscrittori a non elargire denaro a costoro bensì alla governativa Afad. La polemica è cresciuta. Da due giorni il vecchio ‘lupo grigio’ Bahçeli, tuttora leader del Mhp, ha lanciato gli strali contro artisti che sostengono la raccolta fondi tramite le Ong, criticando per questa campagna un altro musicista, nonché regista e sceneggiatore: Oğuzhan Uğur. Fra elezioni e aiuti umanitari lo scontro s’allarga, sebbene si registra anche la solidarietà orizzontale di famiglie che ospitano sfollati a casa propria.

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