lunedì 19 dicembre 2022

Prosegue la sfida talebana allo Stato pakistano

 

Noor Wali Mehsud, il boss dei Tehreek-i Taliban Pakistan, l’aveva chiesto durante i colloqui del 2021 all’ex premier Iram Khan; poi nuovamente fino a giugno scorso all’attuale primo ministro di Islamabad Sharif: liberate i nostri compagni incarcerati e staremo tranquilli. Era il presupposto per giungere a una cessazione degli attentati contro l’esercito e figure istituzionali del Paese. Certo, un ricatto, però… Dopo uno stallo durato l’intera estate, un mese fa giungeva l’annuncio della ripresa delle ostilità, cui seguiva un attacco a un convoglio militare pakistano. Da domenica sera un commando dei TTP i prigionieri se li è andati a prendere direttamente, assaltando il Centro di detenzione di Bannu. Ora, patteggiando la ritirata, sta tenendo in ostaggio alcuni addetti al penitenziario mentre un agente è rimasto ucciso nel conflitto a fuoco svoltosi durante l’assalto. Bannu è una cittadina del Khyber Pakhtunkhwa, oltre il Waziristan settentrionale dove i miliziani sono di casa nonostante le ripetute incursioni e repressioni delle Forze Armate pakistane degli ultimi anni. Proprio a Bannu nel 1947, durante la decolonizzazione indiana e la divisione dei territori in due Stati, uno era appunto il Pakistan, si tenne una Jirga pastun che chiedeva uno stato indipendente appunto per l’etnìa pashtun. Quest’ultima non riconosceva già da decenni il confine imposto dalla cosiddetta ‘linea Durand’ che nel 1893 assegnò alla dinastia Durrani il controllo dell’Afghanistan. Quel confine di natura coloniale resta un irrisolto nelle relazioni fra i due Paesi e il cospicuo gruppo dei pashtun. Le trattative del sequestro sono tuttora in corso, vi partecipano anche alcuni capi tribù della provincia, la richiesta del commando riguarda un passaggio sicuro verso il Waziristan, e secondo alcune fonti anche oltre il confine afghano. Proposta che metterebbe in difficoltà le relazioni ufficiali di Kabul con Islamabad, visto che i vertici del governo afghano cercano di non interferire nelle questioni interne dei vicini. Nella famiglia talebana dell’Emirato è soprattutto il potente gruppo Haqqani a essersi sempre mostrato solidale coi TTP,  una prossimità strategica esiste coi dissidenti dell’Isis Khorasan con cui i taliban ortodossi sono in conflitto. Che la questione sia un caso politico lo si percepisce da come gli esponenti pakistani la stanno trattando. Khan, leader del Tehreek-e Insaf (PTI), partito che guida quella provincia, sottolinea come l’esecutivo nazionale non riesca a contenere il terrorismo, il ministro della Pianificazione di rimando gli risponde: è il PTI  responsabile di quel che accade nell’area che amministra. E mentre l’assistente speciale in quella zona afferma d’aver trattato per ore con pezzi grossi del movimento senza essere riuscito a trovare soluzioni, si teme un possibile assalto dei militari. Un’azione che gli amministratori vorrebbero scongiurare perché potrebbe tradursi in un massacro, vista la rigidità delle posizioni dei fondamentalisti. Sugli sviluppi peserà anche la linea dei vertici delle Forze Armate. Dei due generali recentemente investiti dell’incarico di capo dell’Esercito e di capo di Stato Maggiore e nominati dal presidente Alvi, Shamshad Mirza, è un duro. Anni addietro cacciò i talebani dal territorio del nord Waziristan, provocando stragi anche fra i civili. Se dovesse decidere per l’attacco agli assalitori del centro potrebbe innescare la vendetta talebana e un’ulteriore spirale di attentati, se assumesse posizioni concilianti rischierebbe d’essere tacciato di codardia dagli stessi vertici della lobby militare. Insomma l’interruzione dei colloqui con Mehsud assume i contorni d’un brutto vicolo cieco in cui il litigioso ceto politico pakistano s’è infilato. 

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Martedì 20 dicembre alle ore 12:30 locali è scattata l'operazione repressiva diretta dal Dipartimento antiterrorismo pakistano. Il ministro della Difesa Khawaja Asif ha dichiarato che il commando dei TTP, che aveva  preso in ostaggio alcuni agenti del centro di detenzione e patteggiava un riparo esterno assieme ai miliziani detenuti, è stato annientato. Non si hanno notizie sui 33 talebani che sarebbero dovuti fuggire, uno di loro si era impossessato dell'arma d'un poliziotto uccidendolo. Nello scontro a fuoco per la ripresa del controllo del complesso da parte del personale penitenziario due appartenenti al Servizio speciale dell'esercito sono rimasti uccisi e una quindicina feriti. I vertici statali hanno, dunque, scelto la via dell'intransigenza. Secondo la linea dei Tehreek-i Taliban è facile prevedere prossimi attentati in varie provincie pakistane. 


 

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