“Se gli americani non vogliono più
attaccarci, se vogliono ritirarsi e firmare l’accordo, noi non li attaccheremo.
Se invece ci attaccano, continuano i bombardamenti e i raid notturni allora continueremo
a fare ciò che abbiamo fatto negli ultimi diciotto anni”. Questa è la
risposta talebana al voltafaccia operato da Trump nei giorni scorsi. Giunge dalla
capitale del Qatar, sede dei colloqui di pace e dell’emittente Al Jazeera cui il portavoce di turbanti ha
rilasciato un’intervista. L’uomo, che si chiama Suhail Shaheen, ha definito
sorprendete la dichiarazione del presidente Usa perché “noi avevamo concluso i colloqui di pace”, come del resto aveva
annunciato anche il diplomatico afghano-statunitense Khalilzad, che per mesi aveva
guidato le trattative. A detta di Shaheen, fra i vari punti affrontati in nove
sessioni protrattesi dall’ottobre 2018 ai primi dello scorso settembre, era giunto
un reciproco benestare sulla garanzia talebana di non offrire i propri territori
come base per gruppi jihadisti stranieri, modello Al Qaeda, e sul ritiro delle
truppe statunitensi. Un ritiro da iniziare con cinquemila unità e concludere con
l’intero contingente entro alcuni mesi. Invece il cessate il fuoco sarebbe
entrato, come il punto del dialogo intra afghano, in una fase successiva
dell’agenda. Solo dopo il totale ritiro dei contingenti d’occupazione i taliban
avrebbero assicurato un blocco delle ostilità. “Saremo pronti a parlare con le altre forze afghane in una seconda fase –
ha dichiarato il portavoce talebano – ma questo
è un altro tema da prendere in esame dopo la fine dell’occupazione del Paese”.
Inoltre sui possibili attacchi o danni a militari statunitensi - che ha offerto
lo spunto a Trump per bloccare un patto già sancito almeno sui due suddetti punti
- l’uomo dei turbanti ha sottolineato come appena ufficializzato l’accordo
avrebbero garantito un ritiro senza alcun attacco a militari Usa. “Ma se
non c’è accordo noi decideremo di attaccare o meno se si presenterà un
interesse nostro, oppure un interesse nazionale e islamico”. E finora è
andata così: niente accordo e solo sangue in troppi casi di civili, di cui i dialoganti
in undici mesi non si son mai preoccupati.
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