Pur limitate dall’astensionismo, voluto o forzato, le
elezioni afghane hanno dribblato gli attentati sanguinari di taliban e
jihadisti più di quanto riescano a superare l’ostacolo dello spoglio
elettorale. Questo è stato sempre oggetto di schermaglie fra candidati che, con
stratagemmi e presenza di soggetti compiacenti nella commissione elettorale, provavano
a manipolare i risultati a proprio favore. Quando tratta di elementi prossimi
ai poteri forti (governi fantoccio, signori della guerra e simili) i tentativi vanno
sicuramente a buon fine, a danno dei pochi politici democratici privi di quelle
protezioni. Anche le tanto attese elezioni 2018 potrebbero mostrare casi del
genere, ma la particolarità è fornita dalla novità introdotta dall’attuale
Commissione Elettorale Indipendente: il riconoscimento biometrico
dell’elettore. Un sistema adottato per evitare il primo tipo di brogli, il
plurivoto, diffuso e praticato in tutti i collegi in cui taluni politici
forzano la mano. Così l’inchiostro, cosiddetto indelebile, che certificava
l’avvenuta operazione di voto viene sostituito dall’identificazione biometrica
dell’elettore riconosciuto tramite le impronte digitali.
Purtroppo parecchi di questi macchinari indispensabili alla
verifica non sono giunti nei seggi, non hanno funzionato a dovere oppure si
bloccavano rallentando l’azione degli addetti che, in tanti casi, si son visti
costretti a ritornare al vecchio sistema di marcatura dell’indice. Ora che si è
votato come si è potuto subentra l’ennesimo scoglio. Accanto alla Commissione
Elettorale Indipendente lavora una Commissione Elettorale dei Reclami, le due
stanno discutendo già da tre settimane sull’attribuzione di voti a vari
candidati. Preferenze contestate o ritenute dubbie rispetto alla regolarità
d’identificazione dell’elettore. Si chiede di non considerare valide le schede
prive del marchio biometrico, cosa che rende problematica l’assegnazione di molti
voti. E ci si chiede quanto sia stato diffuso il problema. Anche qui c’è una
ridda di dati, spesso contraddittori, perché i due organismi, giunti quasi ai
ferri corti mescolano le rilevazioni. Una per tutte: calcolare le percentuali
di rilevazione biometrica su centri elettorali e sui seggi non è la stessa
cosa, visto che solo il passaggio in quest’ultimi incide sicuramente sul voto
espresso. Eppure i dati s’intersecano.
Ne conseguono pasticci, già conosciuti in altre consultazioni,
e non si sa quanto casuali. In un simile panorama i portavoce dei partiti si scatenano,
interpretando a proprio favore le situazioni che trovano convenienti e
contestandole altrove. Nei dati raccolti (sempre con beneficio d’inventario) da
una Ong locale di ricercatori politici, il 90% di centri elettorali hanno effettuato
l’identificazione preliminare dell’elettore, che poteva svolgersi anche nelle
settimane precedenti al voto. Cinquecentoventi centri dislocati in 21 province,
anche importanti come Kabul, Herat, Kunduz non hanno funzionato per problemi ai
macchinari o assenza di personale. Nelle aree dove s’è votato solo il 12%
dei centri elettorali hanno aperto alle 7 del mattino contro il 68% che ha avviato
le operazioni in ritardo. Il direttore esecutivo della Free and Fair Election for Afghanistan, un organismo indipendente che
ha monitorato le elezioni, ammette che esistono rischi concreti di invalidare,
solo per questioni di princìpio riguardanti il sistema di rilevazione
dell’elettore, voti comunque validi. Chi non dovrebbe rischiare la rielezione è
la senatrice Belquis Roshan, ripresentatisi nel collegio di Farah. Attualmente
è in quinta posizione assoluta, ma il suo rank potrebbe salire poiché chi la
precede, differentemente da lei, ha voti contestati. La popolazione della
provincia che l’ha sostenuta già festeggia.
Nessun commento:
Posta un commento