mercoledì 7 novembre 2018

Elezioni afghane, i voti non tornano


Pur limitate dall’astensionismo, voluto o forzato, le elezioni afghane hanno dribblato gli attentati sanguinari di taliban e jihadisti più di quanto riescano a superare l’ostacolo dello spoglio elettorale. Questo è stato sempre oggetto di schermaglie fra candidati che, con stratagemmi e presenza di soggetti compiacenti nella commissione elettorale, provavano a manipolare i risultati a proprio favore. Quando tratta di elementi prossimi ai poteri forti (governi fantoccio, signori della guerra e simili) i tentativi vanno sicuramente a buon fine, a danno dei pochi politici democratici privi di quelle protezioni. Anche le tanto attese elezioni 2018 potrebbero mostrare casi del genere, ma la particolarità è fornita dalla novità introdotta dall’attuale Commissione Elettorale Indipendente: il riconoscimento biometrico dell’elettore. Un sistema adottato per evitare il primo tipo di brogli, il plurivoto, diffuso e praticato in tutti i collegi in cui taluni politici forzano la mano. Così l’inchiostro, cosiddetto indelebile, che certificava l’avvenuta operazione di voto viene sostituito dall’identificazione biometrica dell’elettore riconosciuto tramite le impronte digitali.

Purtroppo parecchi di questi macchinari indispensabili alla verifica non sono giunti nei seggi, non hanno funzionato a dovere oppure si bloccavano rallentando l’azione degli addetti che, in tanti casi, si son visti costretti a ritornare al vecchio sistema di marcatura dell’indice. Ora che si è votato come si è potuto subentra l’ennesimo scoglio. Accanto alla Commissione Elettorale Indipendente lavora una Commissione Elettorale dei Reclami, le due stanno discutendo già da tre settimane sull’attribuzione di voti a vari candidati. Preferenze contestate o ritenute dubbie rispetto alla regolarità d’identificazione dell’elettore. Si chiede di non considerare valide le schede prive del marchio biometrico, cosa che rende problematica l’assegnazione di molti voti. E ci si chiede quanto sia stato diffuso il problema. Anche qui c’è una ridda di dati, spesso contraddittori, perché i due organismi, giunti quasi ai ferri corti mescolano le rilevazioni. Una per tutte: calcolare le percentuali di rilevazione biometrica su centri elettorali e sui seggi non è la stessa cosa, visto che solo il passaggio in quest’ultimi incide sicuramente sul voto espresso. Eppure i dati s’intersecano.

Ne conseguono pasticci, già conosciuti in altre consultazioni, e non si sa quanto casuali. In un simile panorama i portavoce dei partiti si scatenano, interpretando a proprio favore le situazioni che trovano convenienti e contestandole altrove. Nei dati raccolti (sempre con beneficio d’inventario) da una Ong locale di ricercatori politici, il 90% di centri elettorali hanno effettuato l’identificazione preliminare dell’elettore, che poteva svolgersi anche nelle settimane precedenti al voto. Cinquecentoventi centri dislocati in 21 province, anche importanti come Kabul, Herat, Kunduz non hanno funzionato per problemi ai macchinari o assenza di personale. Nelle aree dove s’è votato solo il 12% dei centri elettorali hanno aperto alle 7 del mattino contro il 68% che ha avviato le operazioni in ritardo. Il direttore esecutivo della Free and Fair Election for Afghanistan, un organismo indipendente che ha monitorato le elezioni, ammette che esistono rischi concreti di invalidare, solo per questioni di princìpio riguardanti il sistema di rilevazione dell’elettore, voti comunque validi. Chi non dovrebbe rischiare la rielezione è la senatrice Belquis Roshan, ripresentatisi nel collegio di Farah. Attualmente è in quinta posizione assoluta, ma il suo rank potrebbe salire poiché chi la precede, differentemente da lei, ha voti contestati. La popolazione della provincia che l’ha sostenuta già festeggia.

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