Con l’insediamento alla presidenza della
Repubblica Islamica Iraniana, successo elettorale che ha undici mesi di vita ed
è giunto per la fiducia concordatagli da una parte dell’opposizione
inizialmente orientata al boicottaggio, l’ayatollah Hassan Rohani avrebbe avuto
un anno di tempo per ottenere risultati tangibili. Fra essi l’uscita
dall’isolamento e dalla strozzatura delle sanzioni che creano non pochi problemi
alle casse dello Stato e a quelle dei singoli cittadini. Il count-down sarebbe
sostenuto da chi l’ha eletto, i tanti giovani sia dell’ex ‘onda verde’ sia
d’altra estrazione seppure prevalentemente urbana, e dagli stessi suoi
avversari: una parte dell’ala conservatrice del clero che dialoga col partito
combattente, creatrice del ruvido Ahmadinejad. Bruciato l’ingegnere basij, archiviata la sua esperienza
politica il potente gruppo dei Pasdaran non ha rinunciato a smanie di potere e d’interesse,
ma ha dovuto subire il cambiamento Rohani e accettare l’approccio diplomatico
del neo presidente. Praticando una specie di tregua e restando a osservare gli
eventi. Due fidi collaboratori di Rohani, agli esteri Zarif e al petrolio
Zanganeh, sono navigati politici d’era riformista, già coinvolti nell’esperienza
presidenziale di Khatami. Tutt’oggi nessuno di loro può vantare enormi
conquiste per il governo iraniano, ma il Paese ha registrato due momenti
favorevoli.
Nello scorso settembre reggendo l’offensiva
diplomatica a sfondo militare degli Stati Uniti in Siria, con la minaccia d’un
intervento delle forze Nato tramite raid aerei su Damasco, e l’ipotetico
correttivo verso Teheran sognato da qualche suggeritore israeliano. Quel
retromarcia è passato per colloqui moscoviti, però la sottile diplomazia dello
staff di Rohani ha fatto la sua parte. A novembre il dibattito sul nucleare, che
pur continua a essere in sourplace, ha offerto un respiro dopo anni di linea
dura occidentale. Ovviamente quel che più interessa all’Iran è la contrazione
delle sanzioni, penalizzanti sul mercanto interno, e sugli introiti delle
risorse energetiche concretamente piazzate ai due giganti dell’economia
mondiale: Cina e India. Per meccanismi spesso pilotati i guadagni di queste
commesse vengono congelati dalla rete di talune banche internazionali con
conseguenze spiacevoli per le finanze iraniane. Gli Stati Uniti hanno aggiunto
un ulteriore motivo per tenere l’Iran ai margini del mercato energetico mondiale
(che invece potrebbe trarre un enorme vantaggio dalla riabilitazione del
ciclopico fornitore): favorire il commercio dello shale gas, di cui gli Usa posseggono
ampie riserve, e proporlo come alternativa
al metano. Nel merito Obama ha strizzato l’occhio a tutta l’Unione Europea sfruttando
ulteriormente la crisi ucraina. Sulla pericolosità per l’ecosistema della
pratica di frantumazione delle rocce in cui lo scisto è trattenuto dovrebbe
intervenire la comunità internazionale.
Ma come per altre catastrofi in corso (emissioni
di gas serra e buco dell’ozono, inquinamento terrestre e marino, sparizione della
foresta Amazzonica e tant’altra distruzione) ahinoi non accadrà nulla. Il filo
con cui Rohani tiene in vita il proprio disegno politico sul duplice fronte
estero e interno, rappresenta una scommessa che potrebbe ricevere la definitiva
scossa temporale riservatagli da sostenitori e avversari. Ogni occasione
diventa motivo per tenere accesa l’attenzione e l’acuto Rohani cerca di coglierle.
Rivolto al mondo giovanile, zoccolo duro del suo elettorato, il presidente è di
recente intervenuto a favore di un aumento della velocità dei collegamenti Internet
così da migliorarne l’accesso e l’uso. A suo vedere Facebook, You Tube e altri
luoghi virtuali in cui soprattutto i ragazzi fanno circolare notizie e punti di
vista spesso spinosi e critici verso l’establishment politico non sono da
demonizzare e proibire. Anzi. Mossa populista o realismo politico?
Probabilmente entrambi, ma ulteriore dimostrazione di come questo chierico non
sia chiuso come altri ayatollah e certi colleghi che in vari Paesi islamici
attaccano libertà d’espressione e strumenti tecnologici. Che a una parte della
politica iraniana questa linea non piaccia lo dimostra l’annullamento del
riepilogo del discorso presidenziale, cancellato dal responsabile della
televisione di Stato Zarghami. Uno dei rappresentanti di quel conservatorismo
sempre presente e tuttora potente.
Nessun commento:
Posta un commento