lunedì 24 marzo 2025

Arresti a mille

 


Sarebbero criminali già incarcerati per furto, droga, violenza fisica e sessuale, diversi dei fermati in queste ore a Istanbul. L’afferma una nota del ministro dell’Interno Ali Yerlikaya che tiene a puntualizzare gli arresti dopo cinque giorni di proteste e scontri attorno ai giardini di Saraçhane: sono 1.133. Il ministro infioretta l’informativa con numeri e dettagli: 123 poliziotti feriti negli incidenti che hanno visto lancio di pietre e molotov, razzi e corpo a corpo coi reparti antisommossa. Poco si sa dei manifestanti feriti che, come in ogni scontro, evitano gli ospedali per non vedersi spediti in prigione, ma ripetute testimonianze hanno aggiunto a quanto le immagini televisive mostravano - uso copioso di gas lacrimogeni, cannoni ad acqua, spray urticanti - l’esplosione dei pericolosissimi proiettili di gomma e di granate stordenti. Eppure la piazza non molla. Anche stasera mobilitazione fitta nelle strade di Fatih prossime all’edificio del Comune diventato il simbolo della resistenza del Chp, cui ha preso a offrire sostegno un crescente numero di universitari di vari atenei cittadini, decisi a mobilitarsi contro il sistema erdoğaniano strangolatore di libertà individuale e collettiva. Sono, dunque, loro l’anima candida e ideale che controbatte notizie e insinuazioni governative sulla “feccia” di strada che, come i criminali menzionati da Yerlikaya, metterebbero a soqquadro la metropoli insidiando la sicurezza nazionale. Dopo l’iniziale silenzio e l’arringa ai suoi sostenitori in un hotel Erdoğan ha tuonato a favore di telecamere, venerdì sostenendo la magistratura che ”autonomamente fa il suo mestiere”, oggi politicizzando i rilievi contro l’opposizione: "i responsabili per i nostri agenti feriti negli attacchi di questi giorni, per le nostre moschee e locali con finestre rotte, per la proprietà pubblica danneggiata sono il leader del Chp Özgür Özel e coloro che alimentano l'anarchia di strada". Frattanto İmamoğlu,  da ieri detenuto nel carcere di Silivri, ringrazia tramite i suoi legali chiunque stia contribuendo alla protesta solidale, dagli attivisti repubblicani ai senza partito: “Non c’è in ballo solo la mia libertà ma quella dell’intera Turchia”. I quindici milioni di consensi (tanti ne ha dichiarati il Chp) alla sua candidatura presentata alla primarie per le elezioni del 2028 sono diventati un plebiscito a favore d’un cittadino al di sopra di ogni sospetto, sostiene chi lo vota; l’esatto contrario della posizione del presidente che, difendendo l’operato dei giudici, afferma come nessuno sia intoccabile e al di sopra della legge. Da qui la necessità dell’inchiesta, valutata invece dall’opposizione come una manovra per impedire a İmamoğlu di proseguire un percorso politico diventato sempre più ambizioso. La piazza continua a ribollire, l’instabilità può diventare sistemica.

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