La lunga mano dello staff del generale golpista al Sisi è da tempo
presente sul web, come sanno e testimoniano i blogger egiziani cacciati e
perseguitati su questo terreno. Gli spioni informatici usano i cosiddetti troll,
temine mutuato da quei personaggi mitologici delle leggende scandinave che si
portano dietro una fama demoniaca. Nella comunità virtuale di Internet il troll
è uso disturbare, irritare, provocare. Fra le funzioni che possono dargli
talune polizie informatiche trasversali (ovviamente non solo egiziane) c’è
quello di seminare qualcosa di più della zizzania. Il web è diventato il luogo dove
viaggiano notizie, contatti, controinformazione. E ovviamente bufale. Poiché
sul tema delle falsità la provocazione dà il meglio di sé, accusare, con un
vizio di proiezione, qualcuno di diffondere fandonie è impresa facile per i
distruttori dell’informazione alternativa. Costoro non sono solo dispettosi
folletti di saga, hanno volti pur coperti se pensiamo ai social, da falsi
profili. Però sempre rivolti al gioco della calunnia, che è sì un venticello,
come meditava con voce profonda Don Basilio, ma se lasciata agire fa stordire e
fa gonfiare fino a esplodere col classico colpo di cannone.
E’ questa la finalità, non certo sorretta da fine scaltrezza, dei
corvi e delle cornacchiette del web che in questi giorni che s’approssimano al
terzo anniversario dell’assassinio di Giulio Regeni insinuano e denigrano chi
segue dai primi giorni della rivolta di Tahrir il desiderio di cambiamento di
milioni di egiziani. La rabbia
repressiva dei raìs militari che si succedono al potere e del loro apparato di
fanatici sostenitori, l’accettazione passiva da parte di un’altra fetta di quella
popolazione che ha provato a ribellarsi, ma ora ha paura e tace. Tace per
quieto vivere, per non trovarsi seviziata e sepolta viva nelle carceri
speciali, per non finire ammazzata per via o nei luoghi segreti dove giovani e
adulti vengono deportati. Ricordare quest’Egitto reale, che viene taciuto da
troppi media, infastidisce la propaganda di regime che attacca con ogni mezzo
la narrazione documentata dei delitti del presidente al Sisi. Il sanguinario attore
della svolta reazionaria d’Egitto che l’opportunismo geopolitico occidentale ha
assolto, per aggregarlo nello schieramento dei leader di ferro che piegano
presente e futuro di Maghreb e Mashreq. E mentre s’addita chi denuncia tali
scempi, già s’è detto che Giulio Regeni era: un profittatore, una spia, un gay,
un doppiogiochista, un suicida.
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