giovedì 15 dicembre 2016

Jihadisti e taliban: conflitto per la supremazia

Jihad del Khorasan - Se certi talebani rappresentano l’attuale boa di salvataggio del governo Ghani, che per corteggiarli ha chiesto i buoni uffici d’un fondamentalista doc come Hekmatyar, c’è un pezzo di jihadismo radicale afghano che, partendo dalla resistenza alle invasioni straniere, continua a sostenere il progetto d’un proprio Califfato contro i piani del governo di Kabul e dell’ingombrante vicino posizionato nei palazzi di Islamabad. Ne avevamo parlato in occasione di attentati destabilizzanti che i due Paesi continuano a subire e della comparsa del marchio dello Stato Islamico, insinuatasi da circa un biennio anche nel cuore del Grande Medio Oriente. Nella sigla degli irriducibili locali della guerra santa (Islamic State Khorasan Province) il riferimento all’area geografica che comprende tutto l’Afghanistan, il nord est iraniano e un tratto pakistano, unisce le radici del passato a un sogno futuro contro la disgregazione apostata del presente. Su queste basi e con l’ausilio della tecnologia il progetto dell’Iskp cerca nemici da combattere non solo nel governo fantoccio (Ghani) sostenuto dagli Stati Uniti e in quello a lui prossimo e subalterno (Sharif), ma negli stessi comandanti talebani che usurperebbero il ruolo che fu del mullah Omar. Per non parlare di certi signori della guerra (Sayyaf, Dostum) che avrebbero smarrito ogni vena jihadista. Questo sostengono i combattenti del Khorasan. Chi pensava di usare Hekmatyar come ambasciatore per stabilizzare il potere ha già davanti a sé ideologi integerrimi. Bisognerà vedere se altrettanto strutturati sul piano militare.
Radio e social media - Per ora - come evidenziano meticolosi analisti d’un network locale - una buona dose del conflitto sul vero jihadismo si sviluppa attorno alla propaganda che attualmente mostra i miliziani dell’Iskp più organizzati dei taliban. Com’è accaduto per l’informazione dell’Isis diffusa in Medio Oriente, nel Nord Africa marocchino, tunisino, egiziano e in Europa i comunicatori del jihadismo asiatico mostrano spiccate doti tecniche e un piglio  documentaristico e pubblicitario di estrema efficacia. Sorpassano i Talib per padronanza dei mezzi utilizzati, in primo luogo il web, s’insinuano in Facebook, Twitter, Istagram. Sanno che lì possono pescare proseliti fra un certo tipo di pubblico: giovani, studenti e anche professionisti. Ma risultano utenti di messaggi postati in video addirittura i detenuti, cui parenti o guardie compiacenti, possono far giungere smartphone su cui osservare, ovviamente dove il campo di ricezione è presente, i filmati di propaganda. La duttilità con cui questa è diffusa utilizza le onde radio per gli analfabeti, digitali e non solo, visto che la popolazione di tante province afghane mostra una pesante arretratezza d’istruzione e non sa tuttora leggere. A costoro, e a chiunque voglia ascoltare, il verbo jihadista giunge da Khilafat Ghag, radio che tramette in FM. Chi le ha esaminate afferma che il format è adeguato per sfruttare al meglio la potenza del mezzo. Niente a che vedere con le prediche della radio talebana Shariat Ghag che trasmette dalle province di Paktika e Ghazni, dove né le truppe Nato né i militari afghani son riusciti a farla tacere.
Eredità islamista - Eppure il contrasto coi talebani non è solo strutturale. Ideologia e teologia si scontrano per stanare i traditori e conquistare alla causa i veri musulmani. Su questo fronte i comunicatori dell’Iskp usano ogni genere di convinzione. Dall’interpretazione dei testi sacri nei quali cercano la narrativa più apocalittica per sostenere l’adesione al vero Islam, visto che il grande mondo di questa religione è invaso da deviazioni, non solo quelle millenarie del ramo sciita, lo stesso sunnismo presenta, a loro dire, deviazioni d’ogni genere. Si cerca la genuinità e la legittimità che da sempre caratterizzano l’interpretazione della fede da parte salafita. I teologi di orientamento wahhabita censurano tutti e Khilafat Ghag, riportandone alcune posizioni, dedica tempo e spazio a negare il monoteismo altrui, quello dei non islamici e degli stessi islamici giudicati devianti. Nell’occhio della ciclone fondamentalista finiscono ulema dell’etnìa maggioritaria pashtun, ma le reprimende vengono tradotte anche in lingua dari o urdu per raggiungere un pubblico più vasto. Gli organizzatori delle trasmissioni radio e dei video postati sul web non dimenticano il fine primario: il reclutamento. Così per attaccare i clan talebani, che comunque hanno radici geografiche e temporali sul territorio, si percorre la via teologica quando s’afferma che il credo deobandi cade nella perversione superstiziosa e idolatra ed è di per sé impuro. Poi si cerca di spezzare la continuità col passato, sia del primo jihadismo anti russo dei mujaheddin, sia di quello dei turbanti storici com’è stato il mullah Omar. Lui e Osama bin Laden vengono rispettati come leader storici del jihad, non gli epigoni. Gli attuali eredi della sacra lotta islamica sono, a detta della radio del Califfato, i miliziani dell’Iskp.


(prima parte – continua)

Nessun commento:

Posta un commento