La Lega Araba e un’istituzione prestigiosa come
la moschea cairota di Al-Azhar hanno decisamente condannato l’attacco
terroristico di Parigi, indicando il limite invalicabile calpestato dai
guerriglieri del terrore. Ma il comune sentire nel mondo musulmano è variabile
e variegato. Nei luoghi dove la guerra e la morte sono diventati, purtroppo,
ordinaria quotidianità poco ci si sofferma sulla tragedia tutta francese e
giornalistica. Ovviamente i capi di stato, ad esempio pakistano e afghano, nel
proprio ruolo e nel rapporto diplomatico con l’Occidente hanno fortemente
stigmatizzato la sanguinosa strage mentre i media locali riportavano più note
di cronache che commenti. Secondo il quotidiano beirutino L’Orient le jour in certi campi palestinesi come Aïn el-Héloié,
dove agiscono gruppuscoli radicali, le raffiche omicide nella redazione di Charlie Hebdo sono state accolte con
assenso e gioia. Posizioni comunque non fatte proprie da altre componenti
palestinesi, rifugiati e non, sul territorio libanese e dalla locale comunità
sunnita che ha biasimato l’azione definita un atto di barbarie, pur esprimendo
riserve sull’attacco alla libertà di stampa.
A Beirut e dintorni non hanno dimenticato il
numero del febbraio 2006 del settimanale satirico parigino con talune caricature
di Maometto considerate blasfeme. Più d’un chierico sunnita ha risposto con
queste parole: “finché molti Stati respingeranno
l’Islam moderato, dovranno fare i conti con fenomeni simili al Daesh”. “Occorre
aiutare l’Islam moderato a non perdere definitivamente la battaglia contro
l’estremismo”. Lo sheikh della moschea di Minié Saleh Hamad ha ricordato il
rispetto per tutte le religioni, iniziando proprio dalle monoteiste cristiana
ed ebraica: “Non possiamo imporre il
nostro Islam a società non musulmane”. Sul quotidiano on line Ikhwanweb la Brotherhood egiziana
pronuncia per bocca d’un suo esponente all’estero Azzam Tamimi, una condanna
incondizionata dell’assalto parigino. “Nessuno
dovrebbe accusare la comunità musulmana d’aver commesso questo crimine. La
vicenda dovrebbe essere lasciata agli investigatori, Il vero Islam non incoraggia la violenza”. Chi getta benzina sul
fuoco è, invece, il direttore del quotidiano qatarino Al-Arab newspaper, dallo stile decisamente meno sobrio di Al-Jazeera.
Mister Abdullah Al-Athba twitta che non occorre
scusarsi per un crimine che non si è commesso e insinua che “la Francia sta cercando una scusa per
intervenire in Libia” a suo dire la lotta al terrorismo coprirebbe un intento
d’invasione come in Mali. Per riequilibrare tali affermazioni Al Athba afferma
d’essere comunque “contro l’uccisione dei
miei amici giornalisti” ma la buriana scoppia e diversi lettori chiedono al
direttore di risparmiargli le sue analisi. Secondo l’editorialista e analista
egiziano Abdel Aziz per prima cosa “i
giornalisti dovrebbero condannare ogni attacco al giornalismo e ai giornalisti
da qualsiasi parte provenga”. Pur non dichiarandosi fan del settimanale
satirico francese il vignettista musulmano Khalid Albaih, noto per i suoi schizzi
sulla Primavera araba, si dichiara propenso alla libertà di pensiero e penna d’ogni
collega. Un altro noto vignettista, Makhlouf, si ritrae armato di matita
davanti a un jihadista alieno che gli punta l’arma, e nella sua pagina facebook
commenta: “Non abbiamo bisogno di altre
morti per sapere che sei un codardo. Dopo l’uccisione di Naji Al-Ali (vignettista
palestinese assassinato nel 1987) abbiamo
imparato che la nostra arma è più forte della tua”.
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