Orgoglio islamico - Accanto
alle urla dell’orgoglio islamico esplose con rabbia e un’identità su cui soffia
prevalentemente il credo salafita, una nazione come l’Algeria s’interroga per
bocca di politici e intellettuali sul binomio secolarismo-confessionalismo. Lì
il laicismo ha fatto a lungo rima col colonialismo e solo parzialmente con la
lotta di liberazione nazionale. Mentre negli anni Novanta l’Islam politico ha
conosciuto il consenso della popolazione nell’urna e nelle strade, ma ha
rappresentato anche la sanguinaria fuga in avanti del Fronte Islamico di
Salvezza in contrappeso all’altrettanto sanguinaria repressione dell’esercito. Il
mix esplosivo non ha escluso nessuna componente. Ora il ministro degli Affari religiosi
Mohamed Aïssa dalla tivù nazionale ha
stigmatizzato i gruppi mediatici che invitano negli studi televisivi esponenti
estremisti per aumentare l’ascolto dei propri programmi. Pur non volendo
entrare in un terreno che compete al collega delle telecomunicazioni Aïssa ha invitato
gli editori di media privati di consultare il dicastero da lui presieduto per
non incappare in diffusioni mediatiche di affermazioni o predicazioni
arbitrarie che non rispettano l’Islam.
Violenze personali, turbolenze collettive – Il ministro afferma che se le vicende degli ultimi giorni
non aiutano una tranquillità dell’anima, se il laicismo incappa in ambiguità
offensive, anziché urlare, bruciare, violare è bene che il mondo musulmano
dimostri d’essere una religione di coabitazione, d’intenti, di convivialità. “Nessuno ha il diritto di strumentalizzare la
religione per fini politici, è un’ esperienza che abbiamo vissuto anni addietro
con tutti i risvolti drammatici e laceranti”. Per evitare di far montare,
in terra di Francia e altrove, un clima islamofobo che diffonda l’equazione
islamista uguale terrorista, e una visione anti algerina tout-court, Aïssa
ritiene utile l’opera d’incontro e colloquio che imam del Paese maghrebino
potranno svolgere in Europa per respingere l’immagine d’un Islam esasperato. Dal
canto suo il sociologo Lahouari Addi, in un recente convegno ha sostenuto che “l’Islamismo fazioso è una reazione
all’inevitabile secolarizzazione” però “il
Corano è più vicino alla secolarizzazione rispetto alla Bibbia”. Esistono
fraintendimenti sulla laicità da lui giudicata un fenomeno storico francese, ma
è indispensabile puntare su taluni valori come “porre la vita umana al di sopra di tutto se si vuol vivere in società”.
Islam fra medioevo e modernità - Addi,
pur considerando aspetti tuttora medievali presenti in talune società musulmane,
crede nella compatibilità fra l’Islam e la modernità nella propria e in altre
nazione, auspicando la collocazione religiosa in una in una sfera individuale: “Modernità e coscienza privata sono i binari
sui quali la religione sviluppa il rispetto della vita umana, tenendosi lontana
da strumentalizzazioni e totem”. Il sociologo ha una sua teoria: taluni
corpi intermedi della società (stampa, sindacati, partiti) non sono messi in
condizione di svilupparsi naturalmente ed è per questo che la religione s’è
politicizzata: “Si voleva proteggere la
società dalle divisioni, così facendo la si è soffocata”. Un pensiero va
alla componente militare, cupamente presente e ingombrante in molti Paesi liberatisi dal colonialismo, il cui potere, la
cui ingerenza possono tracimare nell’oppressione creata da vertici e apparati
amministrativi. “Le Forze armate devono
ascoltare le voci della società” sostiene Addi, un’esortazione che deve fare i conti con
intenti e vantaggi degli interessati, spesso autoreferenziali e falsamente
secolari e islamici. Parimenti falsi. In ambienti divenuti un coacervo di
contraddizioni che in tanti giovani incrementano l’illusione d’una purezza
coranica fra shari’a e jihad.
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