martedì 20 gennaio 2015

Algeria, il pensiero dopo la protesta islamica


Orgoglio islamico - Accanto alle urla dell’orgoglio islamico esplose con rabbia e un’identità su cui soffia prevalentemente il credo salafita, una nazione come l’Algeria s’interroga per bocca di politici e intellettuali sul binomio secolarismo-confessionalismo. Lì il laicismo ha fatto a lungo rima col colonialismo e solo parzialmente con la lotta di liberazione nazionale. Mentre negli anni Novanta l’Islam politico ha conosciuto il consenso della popolazione nell’urna e nelle strade, ma ha rappresentato anche la sanguinaria fuga in avanti del Fronte Islamico di Salvezza in contrappeso all’altrettanto sanguinaria repressione dell’esercito. Il mix esplosivo non ha escluso nessuna componente. Ora il ministro degli Affari religiosi  Mohamed Aïssa dalla tivù nazionale ha stigmatizzato i gruppi mediatici che invitano negli studi televisivi esponenti estremisti per aumentare l’ascolto dei propri programmi. Pur non volendo entrare in un terreno che compete al collega delle telecomunicazioni Aïssa ha invitato gli editori di media privati di consultare il dicastero da lui presieduto per non incappare in diffusioni mediatiche di affermazioni o predicazioni arbitrarie che non rispettano l’Islam.
Violenze personali, turbolenze collettive – Il ministro afferma che se le vicende degli ultimi giorni non aiutano una tranquillità dell’anima, se il laicismo incappa in ambiguità offensive, anziché urlare, bruciare, violare è bene che il mondo musulmano dimostri d’essere una religione di coabitazione, d’intenti, di convivialità. “Nessuno ha il diritto di strumentalizzare la religione per fini politici, è un’ esperienza che abbiamo vissuto anni addietro con tutti i risvolti drammatici e laceranti”. Per evitare di far montare, in terra di Francia e altrove, un clima islamofobo che diffonda l’equazione islamista uguale terrorista, e una visione anti algerina tout-court, Aïssa ritiene utile l’opera d’incontro e colloquio che imam del Paese maghrebino potranno svolgere in Europa per respingere l’immagine d’un Islam esasperato. Dal canto suo il sociologo Lahouari Addi, in un recente convegno ha sostenuto che “l’Islamismo fazioso è una reazione all’inevitabile secolarizzazione” però “il Corano è più vicino alla secolarizzazione rispetto alla Bibbia”. Esistono fraintendimenti sulla laicità da lui giudicata un fenomeno storico francese, ma è indispensabile puntare su taluni valori come “porre la vita umana al di sopra di tutto se si vuol vivere in società”.
Islam fra medioevo e modernità - Addi, pur considerando aspetti tuttora medievali presenti in talune società musulmane, crede nella compatibilità fra l’Islam e la modernità nella propria e in altre nazione, auspicando la collocazione religiosa in una in una sfera individuale: “Modernità e coscienza privata sono i binari sui quali la religione sviluppa il rispetto della vita umana, tenendosi lontana da strumentalizzazioni e totem”. Il sociologo ha una sua teoria: taluni corpi intermedi della società (stampa, sindacati, partiti) non sono messi in condizione di svilupparsi naturalmente ed è per questo che la religione s’è politicizzata: “Si voleva proteggere la società dalle divisioni, così facendo la si è soffocata”. Un pensiero va alla componente militare, cupamente presente e ingombrante in molti Paesi  liberatisi dal colonialismo, il cui potere, la cui ingerenza possono tracimare nell’oppressione creata da vertici e apparati amministrativi. “Le Forze armate devono ascoltare le voci della società” sostiene Addi,  un’esortazione che deve fare i conti con intenti e vantaggi degli interessati, spesso autoreferenziali e falsamente secolari e islamici. Parimenti falsi. In ambienti divenuti un coacervo di contraddizioni che in tanti giovani incrementano l’illusione d’una purezza coranica fra shari’a e jihad.  

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