http://www.youtube.com/watch?v=_4wzh6rd-2Y
Lindi, pinti, tirati a lucido e trucco come si conviene
a un dibattito mediatico cinque elementi filo occidentali delle presidenziali
d’aprile sono apparsi davanti alle telecamere. Tre abbigliati alla maniera occidentale
(Adbullah Adbullah, Zalmai Rassoul, Abdul Wardak), due coi tradizionali camis e shalwar (Ashraf Ghani, Qayum
Karzai). Hanno dibattuto di temi che ingombrano la prossima consultazione
elettorale afghana: il ritiro delle truppe Nato, che ciascuno appoggia, ma
qualcuno (Karzai brother) teme perché il bisogno straniero di armati e denaro
risulta indispensabile. Sull’argomento pende il famigerato Bilateral Security Agreement, un accordo discusso fra Obama e Hamid
Karzai e tenuto a lungo segreto. Quindi posto alla luce del sole, al momento
dell’ufficialità della firma, il presidente afghano ha compiuto lo scarto a
sorpresa di “lavarsi le mani” e rimandare la decisione finale alla grande
assemblea della Loya Jirga. Che non ha deciso nulla, provocando una duplice
irritazione nel tutor statunitense: quella dell’imprevista sortita di Karzai e
del sourplace su cui la vicenda viene mantenuta.
Il
balletto del Bsa - Proprio nella fase in cui la grande macchina del
ritiro (cfr. http://enricocampofreda.blogspot.it/2014/02/afghanistan-il-mercato-della-strategia.html)
veniva avviata. Poiché il Bsa prevede una presenza di lunga durata d’un certo
tipo di armamenti, basi, incursori e istruttori la doppia mossa della
leadership afghana ha irritato non poco la Casa Bianca. Che ha iniziato a
stringere la borsa per prestiti in corso, minacciando gli affari futuri. Poiché
questi sono reciproci, pur divisi fra un campo economico e geostrategico nel
quale interagiscono gli Usa e quello affaristico di cui s’avvantaggeranno i
locali signori del business, tutto dovrebbe rientrare nei ranghi. L’uscita di
Karzai serve a riparare se stesso e il suo gruppo familiare, che continueranno
a essere presenti nell’affarismo politico, pur fuori della carica presidenziale
(a Qayum vengono attribuite poche chance di successo), dalla responsabilità d’una
firma scottante che probabilmente competerà al Capo di Stato uscito dalle urne
del 5 aprile. Sottolineando l’importanza del Bsa Ghani e Rassoul hanno rispettivamente
chiesto: una reciproca elasticità fra i contraenti e l’attenzione primaria sul
clima di pace senza il quale il Paese non potrà rilanciarsi.
Talebani
buoni e cattivi - Nel dibattito d’apertura Adbullah pur richiamando,
come del resto i rivali, il tema della sicurezza non ha calcato la mano
sull’uccisione di due suoi collaboratori avvenuta di recente a Herat.
L’apertura ai Taliban è opinione diffusa fra i cinque che hanno, però, tutti
condannato i mai cessati attacchi jihadisti. Com’è noto questi non escludono
Kabul, anzi i più spettacolari si sviluppano proprio nella capitale con fini
esplicitamente propagandistici. Così la galassia talebana - quella buona,
quella cattiva, quella possibilista al dialogo - continua a influenzare il
confronto-scontro anche in sede istituzionale. Un po’ più degli altri s’è
esposto Rassoul che ha escluso il confronto con chi brucia scuole e moschee, e
ha direttamente parlato di lotta totale fino all’eliminazione di questo nemico.
Certo nelle due ore di dibattito televisivo nessun pretendente alla massima
carica afghana ha fatto cenno a qualcuno dei temi trattati dal recente rapporto
2013 di Human Rights Watch, incentrato sul dolorosissimo aumento delle vittime
civili: più 23% rispetto all’anno precedente. E quando non giunge la morte, l’oppressione
passa attraverso violenze, sevizie, stupri e ulteriori atrocità.
Impunità
garantita - Tutte certificate. Tutte inevase. Perché i
colpevoli non si trovano e se si catturano vengono rilasciati tramite la strutturata
catena delle protezioni di cui godono, blindata da Warlords e faccendieri. A
dimostrazione di come lo sbandierato e costoso piano giustizia, di cui dal 2007
s’è fatta bella la “missione di pace” italiana, si sia rivelato un’operazione di
facciata che non trova un’applicazione nella punizione dei colpevoli e di una
prevenzione del crimine. La medesima impunità che infesta la vita politica e
amministrativa dell’apparato sia statale sia privato, che ha dato vita agli scandali della Kabul Bank.
Il trio incravattato che intratteneva i telespettatori e futuri elettori ha
alle spalle incarichi di governo (Abdullah e Wardak sono stati ministri,
Rassoul appartiene alla tipologia dei boiardi di Stato), mentre Ghani sotto gli
abiti etnici cela il sentimento del manager imperialista rodato nella Banca
Mondiale. Mentre Qayum rappresenta l’ennesimo epigono degli affari di famiglia.
E’ vero che i restanti candidati si chiamano Sayyaf, Sherzai, Hilai, gente che
fa parlare i kalashnikov, ma lo show del quintetto televisivo non è riuscito a
celare contorni predatori. Altrettanto inquietanti.
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