Il ‘tiro al Fratello’ spesso
letale (le vittime oscillano fra le mille e le duemila secondo le diverse
versioni) è la cruda realtà offerta dalla cronaca egiziana da tre mesi a questa
parte. Rappresenta l’inquietante esercizio delle Forze Armate del generale Al
Sisi, con piena soddisfazione di tanti laici indubbiamente militaristi e a
detta di chi li incrocia quotidianamente un po’ “fascisti” nel senso più
reazionario, aggressivo, canagliesco, servile che il termine ha acquisito nel
percorso storico. La prassi del massacro è nota nel popoloso Paese arabo,
compiuta dalle strutture repressive e dai movimenti di rivolta, reali o
presunti. La storia della Fratellanza Musulmana è costellata anche di propositi
violenti da parte di illustri teorici ma nessun gesto di jihad come quelli
praticati nel ’97 a Luxor da Gamal al-Islamiya per colpire l’industria
turistica nazionale. La Fratellanza del
nuovo Millennio, quella restituita a vita pubblica coi dirigenti liberati dopo
lunghe detenzioni non offre - finora - nessun segnale guerrigliero. Prevalgono
gli intenti moderati, nella politica che accetta il confronto dell’urna, in
economia dove non si parla di sovvertimenti sociali e si sposano a pieno
capitalismo statale e di mercato, in ambito confessionale il cui riferimento
alla Shari’a quale fonte del diritto non assume i toni esasperati richiesti dal
salafismo.
Cartina al tornasole degli
ultimi orientamenti della Confraternita era stata la contestatissima Carta
Costituzionale che Mursi promulgò con sospetta celerità. Quella Costituzione
(poi congelata dai militari) nei confronti della Shari’a non si discostava
granché dalla Costituzione voluta da Sadat nel 1971. La sua contestazione, che
ha acuito il contrasto fra due blocchi ormai a rischio di guerra civile, era
stata preceduta da un aperto boicottaggio della componente laica in ben due
Assemblee Costituenti dalle quali avevano ritirato i propri membri. Questo
marcato autoisolamento, la volontà di non dialogare con chi rivendica l’identità
dell’Islam politico, l’intento di contrapporsi a esso devastandogli le sedi
(dal dicembre 2012 gli uffici centrali della Brotherhood a Moqqatam sono stati
incendiati svariate volte sotto lo sguardo immobile dei poliziotti) fa parte
d’un disegno volto a spaccare la nazione facendola precipitare in un caos
peggiore di quello prodotto dalle carenze alimentari per lo stallo economico e
il blocco dei finanziamenti esteri. Secondo alcuni osservatori a questo piano,
attuato col benestare del grande tutor statunitense, hanno offerto ampio sostegno
partiti come quello Costituzionale di ElBaradei e della Dignità di Sabbahi.
Di più: forze della sinistra che
animano settori dei Tamarod e partiti come Tagammu con l’iniziativa della
raccolta di firme contro Mursi (ne sono state dichiarate 13, poi 18 e
addirittura 23 milioni ma nessuno le ha mai verificate) hanno scelto di offrire
una veste legittima all’iniziativa illegittima di deporre un presidente votato
dalla popolazione un anno prima. Mossa diventata un vero golpe bianco quando
Mursi è stato arrestato. Da quel 3 luglio il Paese, già diviso, s’è spaccato.
Il Fronte di Salvezza Nazionale, come la triade Moussa-ElBaradei-Sabbahi denominava
la componente anti Fratellanza, ha ceduto l’iniziativa politica ai militari che,
pur mascherandosi dietro un presidente ad interim (Al Mansour) e un premier (Al
Beblawi), dirigono direttamente la nazione tramite un nuovo uomo forte in
divisa: Adbul Al Sisi. Lui, oltre a difendere potere personali e di lobby che
com’è noto sono amplissimi (con in testa il controllo dei dazi sui transiti di
Suez e una grossa fetta di attività turistica, pur da due anni in grave
sofferenza), attua una repressione degna dei peggiori Al Hadly e Tantawi, i due
leader militari contro cui si scagliava la piazza del sogno di Primavera.
Un ideale non solo irrealizzato, ma
scomparso dalla voce delle strade. Perché le componenti sinceramente
rivoluzionarie come il “6 Aprile” hanno evidenziato i loro limiti dimostrando
da tempo di non poter guidare una massa enorme dalle tante anime. La stessa
sinistra, comunista, sindacale, neo nasseriana palesa tutta la sua pochezza
rasentando l’impotenza. Continua a versare veleno sull’Islam politico che negli
ultimi anni ne ha surclassato la capacità di egemonizzare gli strati più poveri
della popolazione, ricevendo consenso fra gli stessi operai e contadini ai
quali quella sinistra non prospetta alternative. Di fatto neanche la
Fratellanza ne ha offerte, seppure in uno spazio temporale breve, tant’è che
conta un calo di adesioni rispetto a due anni or sono. Ma il fantasma di un suo
presunto integralismo, agitato dai laici di sinistra assieme all’accusa di
“fascismo islamico” per le posizioni di chiusura verso un ruolo emancipato
della donna, hanno spalancato la strada a un altro fascismo messo in atto da
poliziotti e militari, reazionari e post mubarakiani, baltagheyah e agenti dei
Servizi interni e stranieri che attacca gli islamici ma corrode la libertà
Così le strade sono
cosparse del sangue di quei cittadini che, islamisti e no, cercavano di
riconquistare dignità, inseguire la democrazia che necessita d’incontro e
dialogo pur nella diversità, per far crescere una nazione che tutt’oggi ha
oltre la metà della sua popolazione al di sotto dei 25 anni. Giovani che
sperano in un futuro da vivere in patria, senza allargare la schiera dei
migranti legali o clandestini che approdati da noi cambiano il nome da Gamal a
Jimmy e nascondono il sentimento.
Nessun commento:
Posta un commento