mercoledì 30 novembre 2022

Pakistan: leader, militari e mogli-faccendiere

 


Un’indagine che parrebbe gossip politico-finanziario, e che invece è legata all’aria che tira in questi mesi nelle alte sfere pakistane, mostra il volto d’una nazione ricca di spunti per conflitti interni che possono rincorrersi all’infinito. La nomina della coppia di generali ai vertici della casta militare può trovare nella persona di Asim Munir un osso duro per taluni leader. Uno in particolare: il premier defenestrato Imran Khan, recentemente ferito in un attentato che ha tutto il sapore dell’avvertimento. Avvertimento per cosa? Per la sua irruenta reazione all’allontanamento dall’incarico avvenuto ad aprile per defezione interna al suo governo, al quale alcuni alleati del partito Tehreek-e Insaf hanno tolto l’appoggio. Khan li ha accusati di tradimento manovrato dall’estero, ha parlato d’un complotto ordito contro la sua persona dagli Stati Uniti. Una sorta di ‘golpe bianco’ con l’intento di favorire un ritorno al comando dei gruppi familiari (Sharif e Bhutto) che da decenni gestiscono il potere con un’alternanza non priva di colpi di scena, anche sanguinosi. L’ex campione di cricket, diventato premier sull’onda d’un programma anti-clan e anti-corruzione, aveva sparigliato la razza padrona pakistana, ma il successo nelle urne ha ricevuto l’assenso, e non solo, degli altri padroni del grande Stato islamico: le Forze Armate. Con queste Khan, dimentico della storia patria, a un certo punto ha avviato una prova muscolare che potrebbe essere la causa di quel “complotto”, i cui mandanti sarebbero gli americani scontenti delle libertà geopolitiche del premier  nel cercare sponde russe e cinesi. Ora il generale Munir, definito ‘Hafiz Quran’ per la dimestichezza che ha col sacro testo dell’Islam, si trova a ricoprire il massimo incarico dell’Esercito e se esperti di vicende militari sostengono che dovrebbe confermare la linea diplomatica del suo predecessore (Bajwa) verso l’India, qualche analista pensa che potrebbe far pagare a Khan l’interruzione del proprio incarico da direttore generale dell’Inter Services Intelligence. Interruzione decisa dal focoso Imran nel 2019.

 

All’epoca il generale indagava su casi di corruzione e certi risvolti  riguardavano la moglie del premier, Bushra Sheikh, e la di lei amica Farah Khan, solo omonima del marito. Costei subiva le attenzioni dell’Ufficio nazionale sui crimini finanziari per un incremento spropositato dei conti bancari e per uno spostamento della sua ricchezza negli Emirati Arabi. Non è un caso isolato, però è legato alla salita al potere di Khan che contro la finanza illecita aveva lanciato la sua battaglia elettorale. Proprio in questi giorni l’ex premier ha compiuto due mosse distensive: ha dato il benestare alla scelta della coppia di generali avanzata dal Capo dello Stato Arif e dall’attuale primo ministro Sharif e ha bloccato la marcia di protesta contro il presunto complotto che l’ha defenestrato. Inaspettatamente ha vestito i panni del pompiere, smorzando polemiche e mobilitazione. Così chi già vedeva il generale Munir costretto dalla coriacea protesta a ricorrere alla forza con chissà quali conseguenze, si trova davanti a un’inattesa calma. Se ne deduce che i nuovi arrivati ai vertici delle Forze Armate non puniranno la supponenza del campione-premier. Anche perché in fatto di fiscalità e arricchimenti per nulla trasparenti un altro potentato con le stellette viene additato in questa fase. E’ Bajwa, il predecessore di Munir. Un giornalista, chissà come ha pescato presso il ministero delle Finanze le ultime dichiarazioni dei redditi del generale e di sua moglie, evidenziando come quest’ultima, fino a quel momento esente da redditi, dal 2017 dichiarava cifre da capogiro. Ci sono gli estremi per indagini e ulteriori faide fra politici e militari. Ma c’è chi scuote il capo. La guerra dei dossier fiscali e delle consorti probabilmente non ci sarà. E’ servita a stabilire una pace armata fra potentati, un po’ come l’attentato ammonitore per Khan. L’unico versante tuttora non ricattabile e incontrollabile resta quello talebano che si dichiara pronto a nuove battaglie.  

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