giovedì 24 novembre 2022

Pakistan, militari e partiti nella Repubblica nucleare

 

L’ora dei generali non è un momento speciale. E’ una costante che i vertici istituzionali pakistani - come il Presidente della Repubblica, loro comandante - devono porre in cima all’agenda politica e alla prassi quotidiana. La lobby militare è talmente presente nei gangli del potere ed è talmente importante che nelle fasi di rinnovo degli incarichi manda in fibrillazione esecutivo, opposizione e quel che  gira attorno al Parlamento. In questi mesi particolarmente caldi, col defenestramento d’aprile dell’ex premier Khan e il suo recente ferimento in un attentato, la scelta dei nuovi responsabili dell’Esercito e dello Stato Maggiore, è stata frutto d’incontri e bilanciamenti fra i leader degli  schieramenti contrapposti: Lega Musulmana-N, attualmente al governo con Shehbaz Sharif, e Partito Tehreek-e Insaf di Imran Khan. A fare la spola fra i due, che non si parlano, il Capo di Stato Arif Alvi. Il premier gli ha proposto al vertice dell’Esercito il generale Munir, mentre per il coordinamento delle Forze Armate il nome prescelto è Shamshad Mirza, molto conosciuto dai talebani di casa. Alvi è corso a colloquiare col grande convalescente, fermo da giorni nella sua villa di Lahore. Il presidente e il padrone di casa si sono intrattenuti alla presenza anche di altri potentati del PTI, a fine colloquio Khan ha dichiarato di gradire le opzioni se queste seguiranno un percorso legale all’interno della Costituzione. Il tema della legalità e di ciò che è costituzionale o meno ha caratterizzato per mesi i contrasti non solo fra lui e Sharif, ma verso la stessa magistratura. Si sono agitate teorie d’incostituzionalità nei passi compiuti da più soggetti con accuse lanciate e poi rientrate. E Alvi viste le forzature compiute nell’ultimo triennio per e contro uno dei generali che lascia, Bajwa, e viene rimpiazzato da Munir ci è andato coi piedi di piombo. E’ che al di là e ben più dei politici, le stellette fanno quadrato per perpetuare il loro peso e non lasciano passare sgarbi, fino alle estreme conseguenze. 

 

Era stato proprio Khan da premier a prolungare la carriera di Bajwa dal 2019 all’anno in corso, per poi un anno fa emarginarlo e prospettarne un prepensionamento. C’è chi sostiene come nell’indebolimento del suo governo, dal quale alcuni alleati si sono sfilati facendone mancare il sostegno, ci fosse lo zampino vendicatore del Capo dell’Esercito. Per altro nel successo elettorale del partito di Khan viene adombrato il conforto, neppure tanto occulto, dei militari. Che nella “vita democratica” pakistana danno e tolgono per vie tortuose e, fin che possono, mimetizzate fuori dalle mimetiche. E’ il motivo per cui politici e capi di governo cercano buoni rapporti con le stellette. I curricula dei due nuovi ras della Repubblica nucleare – 165 sono le testate gestite da Islamabad con un rapporto di odio-amore con Wasghington e il Pentagono – sono ineccepibili. Munir è generale a tre stelle da un quadriennio. Nel suo passato:  scuola di addestramento a Mangla e reggimento di frontiera. Bajwa è stato il suo mentore, dunque, l’Esercito trova continuità. Anche per lui un episodio di contrasto con Khan. Nel 2017 era stato nominato direttore dell’Intelligence militare, quindi della potente Isi, ma il percorso s’interruppe perché sostituito dal generale Faiz Hameed su nomina del premier. Anche l’altro incaricato Mirza è figlio d’armi di chi va a sostituire: Nadeem Raza. La sua portentosa carriera ha avuto il marchio benefico d’uno storico padrino dell’Esercito, il generale Raheel Sharif (nessuna parentela col clan politico dei Nazif e Shebhaz). Questo generale, e Mirza con lui, misero a ferro e fuoco la provincia del nord Waziristan per sradicare i Tehreek-e Taliban con bombardamenti, rastrellamenti, deportazione rivolti a un milione di civili. I talebani non furono sradicati. Anzi, il clima da guerra civile ne rimpinguò le file. Mirza ha anche partecipato ai colloqui intra-afghani fra esponenti dell’Emirato, Pakistan, Cina e Stati Uniti che non hanno fruttato granché. E nella galassia dei turbanti oltre confine, soprattutto gli Haqqani solidali ai Tehreek, ne avranno archiviato la foto. Un volto che non dimenticano, in ogni senso.

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