L’aveva detto, l’ha fatto. Il premier indiano Modi dopo
l’attentato mortale (42 vittime) compiuto in Kashmir da un gruppo islamista
contro una pattuglia di militari di Delhi, aveva promesso una punizione
esemplare. Questa è giunta stamane da cielo: un attacco aereo che ha varcato il
confine pakistano per bombardare un campo dove si presume si raccolgano e
addestrino i miliziani del gruppo Jaish-e Mohammed. L’iniziativa può creare
tensione col governo di Islamabad, la cui aviazione ha risposto con jet che
hanno messo in fuga gli invasori dello spazio aereo. Era dall’inizio degli anni
Settata, quando un conflitto fra i due Stati si concluse con la creazione della
nazione autonoma del Bangladesh, che gli apparati militari non arrivavano a
scontrarsi. Proprio la regione del Kashmir a maggioranza islamica ha già
provocato conflitti: nel 1947, quando il Pakistan ottenne la propria autonomia
e s’impose come Paese musulmano. E nuovamente nel 1965 e nel 1999. Alcune di
queste furono tensioni protratte nel tempo, disputate anche con l’inquietante
minaccia nucleare, visto che le due popolosissime nazioni sono entrambe dotate
di testate nucleari a seguito di alleanze e appartenenze a sfere geopolitiche.
Nel rispondere alle proteste pakistane il segretario del
ministero degli Esteri indiano ha affermato che “l’azione antiterroristica è riuscita, colpendo guerriglieri e loro
preparatori”, gli unici obiettivi del raid. Ha poi ribadito che “dopo la strage di propri militari serviva un
segnale forte”, lanciato non solo al gruppo jihadista, ma a chi in
territorio pakistano li protegge. L’attacco indiano sembra aver coinvolto la
provincia di Khyber Pakhtunkhwa a nord di Peshawar, area parecchio oltre il
confine, i chilometri sono almeno sessanta non sei come hanno dichiarato i
dispacci militari di Delhi. Invece fonti pakistane parlano d’una zona non
distante dalla cittadina di Balakot, dunque nel Kahmir sotto giurisdizione
pakistana (un’altra fetta della regione ha l’amministrazione indiana). La spedizione
punitiva dell’aviazione indiana avrebbe seguito immediatamente l’attacco
suicida del gruppo jihadista, è stata rimandata per “non disturbare” la visita del
principe saudita bin Salman impegnato a firmare accordi economici per venti
miliardi di dollari col premier locale Khan. Comunque la sortita dell’amministrazione
Modi è ampia: sono state perquisite case di noti esponenti separatisti kashmiri
e, secondo l’emittente Al Jazeera, gente
del confine riferisce devastazioni ai propri beni di cui non s’è occupato alcun
media. E mentre Imran Khan afferma che certe operazioni indiane sono legalmente
perseguibili, il ministro degli Esteri Qureshi alza il tiro: “Il Pakistan si riserva di ricorrere al
proprio diritto all’autodifesa”.
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