mercoledì 6 giugno 2018

Sospesa Israele-Argentina, boicottare si può


Allora si può fare, basta volerlo. Come l’amichevole di calcio cancellata fra Israele e Argentina, anche le tre tappe del Giro d’Italia disputate nelle aree violate della terra palestinese si sarebbero potute evitare. La disdetta dell’incontro nel Teddy Stadium di Gerusalemme, costruito nei luoghi dove sorgeva un villaggio palestinese che nel 1948 subì, come altri, la pulizia etnica studiata e praticata dalla Stato sionista, rappresenta un caso che già la coppia razzista Netanyahu-Lieberman teme. L’unica misura che la comunità internazionale dovrebbe lanciare per indurre Israele a meditare sulla sua politica dell’assassinio mascherata da difesa: l’isolamento. Chi teorizza e pratica l’apartheid non dovrebbe sentirsi straniato da simili provvedimenti che, invece, possono rappresentare un concreto monito verso una collettività orientata alla propria affermazione tramite l’altrui oppressione. 

La sortita della nazionale argentina, e della stessa rappresentanza politica del Paese sudamericano, non è delle più lineari. Del resto il presidente Macri viene annoverato fra i sodali di Israele, qualunque esso sia e qualsiasi cosa faccia. Un po’ come accade ai tanti Paesi sostenitori oppure omertosi verso la linea del crimine che la classe politica di Tel Aviv, sionista o ultra ortodossa, laburista o del Likud, ha praticato e continua a praticare da decenni. Sembra che in questa circostanza il ripensamento annoveri ragioni di sicurezza, timori sulla vita della perla del calcio latino, il fuoriclasse iper premiato Messi. Campione a cui aveva scritto un’accorato appello Mohammed Khalil Obeid, promessa d’un calcio certamente non stellare, indubbiamente povero e soprattutto oppresso. Khalil chiedeva al capitano biancoceleste, tanto popolare nella Striscia di Gaza di “boicottare l’incontro con Israele che occupa le nostre terre”.

Non sappiamo se quelle righe siano giunte a Messi, se le abbia lette, se ha meditato sul messaggio e ne è rimasto colpito. Colpito da due fulmini è stato proprio Khalid, che senza risparmiarsi offriva il suo corpo atletico alla protesta della ‘Marcia per il ritorno’ avviata il 30 marzo scorso sul confine della Striscia. Uno dei tanti killer schierati su quel confine sotto la Stella di David, che hanno fatto finire 123 vittime, a Mohammed ha frantumato entrambe le ginocchia e una carriera, che magari non l’avrebbe lanciato nell’iperuranio come Messi, ma gli offriva la gioia di scattare e dribblare i quotidiani foschi pensieri delle violenze subìte assieme alla sua gente. Sarebbe bastato questo trattamento rivolto a Khalid e alle proteste palestinesi a fermare l’amichevole del calcio e le tappe del Giro ciclistico, visto che Israele si macchia di crimini di guerra. E finché li perpetua non merita sport, turismo, scambi commerciali, relazioni con Paesi che difendono i diritti dei popoli. Il boicottaggio di Israele è una strada per la difesa dei palestinesi.

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