Quello che molti media,
anche mainstream, mostrano e discutono in queste ore sui bambini migranti in
gabbia, volutamente separati dai genitori da una politica che criminalizza la
migrazione con l’alibi di regolamentarla, è uno dei tratti assunti dalla comatosa
sopravvivenza d’un sistema che s’autodefinisce democratico. In questo ciclo
perverso ci siamo anche noi, con quella che ci ostiniamo a definire vita. Se i
disperati di mare e di terra che giungono vicino alle nostre case devono far i
conti con la sopravvivenza imposta da un destino precario e dai respingimenti
polizieschi, la nostra sopravvivenza di cittadini perbene è un mascherato convincimento
di esistenza dignitosa nel modello di società senza cuore teorizzata da vari criminali
della politica. Il circuito è perverso e non ci salva, visto che gli attuali
uomini diventati statisti non sono impostori, e pur saliti in alto solo per
sete di potere, risultano legittimati da schiere di sostenitori. Il mondo
crudele proposto da Trump, Orbán, Salvini e compagnìa globalizzata è
volutamente sostenuto dalla maggioranza degli elettori che li hanno collocati a
far sfracelli e maramaldeggiare contro i più deboli del mondo. Ad applicare
quel terrorismo politico che ciascuno, mentendo, sostiene di combattere.
Ma nel commentare la
vicenda dei piccini allontanati dall’abbraccio rassicurante della madre la
questione non sta nel compassionevole sentimento di chi si commuove o meno alle
lacrime dei minori. Sta nella cinica o distratta accettazione che sia possibile
mettere dietro le sbarre, uniti o divisi, esseri umani come all’epoca delle
tratte schivistiche. Sta nell’infischiarsene delle cause dei movimenti di
migrazione, tutte interne al modello imperialista che nelle sue versioni ‘buonista
e malvagia’, all’unisono foraggia guerre al terrorismo e seguenti missioni di
pace, prosegue il dissanguamento economico di tante parti del mondo da cui
rifugiati e migranti economici provengono. Col fine che giustifica ogni mezzo,
l’elettore del peggior politico si concentra solo su ciò che gli viene mostrato
come il “suo” interesse, dove
l’aggettivo possessivo è padroneggiato da chi ha il comando, creando
l’illusione d’una decisione volta al bene comune. In aggiunta, la
disumanizzazione posta come valore ci rende talmente insensibili da farci
percorrere strade di presunti interessi attorno a categorie che risultano solo
retaggi di trascorsi ambigui e contraddittori. Zombie in un egoismo che ha
trasformato città e campagne in un enorme cimitero.
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