sabato 4 ottobre 2025

Meglio idealisti che servi dei sionisti

 


Il poker dei complici di genocidio è lì sui cartelli, inchiodato dalla propria protervia, in perfetta formazione governativa: Meloni la premier, Tajani ministro degli Esteri, Crosetto ministro d’una Difesa già convertita in Guerra, Salvini ministro jolly, che dalle Infrastrutture parla d’ogni cosa tranne che pensare a quelle. Il milione della piazza romana li condanna per complicità coi crimini di Netanyahu, per sudditanza a Trump e ai voleri della Casa Bianca con inchini addirittura più servili dei trent’anni ininterrotti del potere Democristiano nel secondo Dopoguerra. Dopo giorni di montante mobilitazione le piazze italiane continuano a tener botta, a rilanciare, a ritrovarsi ancor più numerose, e rumorose, e ritmanti negli slogan come all’epoca di antiche militanze, ma pure danzanti, gioiose, coraggiose se serve battersi contro gli uomini in plexigrass quando menano. Una piazza rafforzata attraverso tre generazioni. Anno 2025  l’opposizione solidale ritrova una forza dirompente; quella sociale, ieri presente nei richiami dai megafoni potrà compattare sé stessa come ha fatto durante lo sciopero del giorno precedente. Uno sciopero vero, nazionale e internazionalista, uno sciopero del cuore e del sentimento, rosso come il sangue dei martiri di Gaza. Uno sciopero politico – era ora – senza il sindacalismo filogovernativo al seguito che per troppi anni ha svilito la Cgil. Cobas, Usb, altre sigle delle rivendicazioni di classe hanno direzionato quella protesta, che trova quell’eco geopolitico che i partiti dell’opposizione non sanno offrire o prestano a singhiozzo. E soprattutto con un’ambiguità autoreferenziale come hanno mostrato negli ultimi anni rispetto a un’Unione Europea guerrafondaia e filo americana. 

 

A Porta San Paolo, dove ogni 25 aprile si riunisce la Roma antifascista, la cittadinanza d’opposizione s’è abbracciata con speranza e indignazione. La speranza di non essere ancora sotterrata dalla partitocrazia d’ogni colore che decide sulle proprie teste. L’indignazione di chi dopo una vita di lotte si ritrova governato da neo fascisti, per l’assenza di progettualità da parte di chi sostiene d’essere un’alternativa, senza ammettere decenni di fallimenti. E’ la gente che non vota più, se non il 50% almeno quel 30% che potrebbe costituire il primo partito d’Italia, più del mix di neofascisti e maggioranza silenziosa che elegge Meloni per ricevere i “buoni” di ritorno di quel clientelismo che l’attuale premier ha ereditato da Berlusconi. La massa di strada, i volti colorati e pure quelli attempati e canuti, sono pieni di vitalità e non vogliono posizionarla negli armadi della memoria. Hanno sventolato le proprie bandiere, rosse assieme a quelle a più colori della Palestina, ricordando che quello Stato mai nato, quella terra occupata da Israele, quel popolo orgoglioso non può essere affamato e trucidato. Non può essere ridotto a merce di scambio dai capitalisti arabi collaborazionisti d’un rilanciato imperialismo. I palestinesi non possono finire profughi in miserabili campi com’è accaduto dal 1948. Altro che 7 ottobre, la tragedia data 14 maggio, settantasette anni addietro. Sull’onda d’un riscatto solidale verso i fratelli palestinesi, l’Italia dell’opposizione, quella reale e non parolaia, cerca una sua dimensione. Si può rifiorire in mezzo al Mediterraneo, si possono spiegare bandiere sociali al vento come le vele della Sumud Flotilla. “Meglio idealisti che servi dei sionisti” recitava un cartello. Quest’Italia degli ideali può dare l’assalto al Paese del potere, dei palazzi, delle camarille, delle istituzioni asservite. “Vaffanculo governo Meloni” gridavano ragazzi con la luce negli occhi. E’ nelle strade che questo popolo può ritrovare l’onorabilità che Palazzo Chigi ha svenduto, solo con la lotta ritrova decoro e dignità. 

 


 

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