Mentre il pacificatore Trump osserva l’orologio con cui ha dettato l’ultimatum delle 72 ore “dopodiché si scatenerà l’Inferno” (sic) e mentre s’attende l’accettazione di Hamas dei venti precetti del piano stesso, c’è chi lavora per la Striscia del domani. E’ l’affarista di ritorno Tony Blair prestato per anni alla politica quale premier britannico, senza che i laburisti comprendessero chi avevano lanciato a Downing Street, neppure quando il progressista dal sorriso di stucco affermava che bombardare col fosforo bianco la gente di Baghdad fosse la cosa giusta. E’ lui che sta disegnando lo staff per il ‘Transito Internazionale di Gaza’ infarcendolo di miliardari dai cuori di cemento che s’occuperanno, è il caso di dirlo, d’una creatura a misura di interessi geo finanziari per il quali il tycoon della Casa Bianca ha già scelto il genero Kushner. Israele, Egitto e Stati Uniti sono le nazioni da cui provengono tre fra i faccendieri assemblati da Blair, sebbene non annunciati ufficialmente. Si tratta dell’imprenditore e rabbino Aryeh Lightstone, ultimamente creatore di Gaza Humanitarian Foundation l’organismo privato sostenuto da Tel Aviv e Washington che ha sostituito le agenzie Onu nella distribuzione delle derrate alimentari nella Striscia. L’ha fatto in maniera talmente canagliesca, provocando fra l’altro l’uccisione di duemila persone, a tal punto che Medici senza Frontiere l’ha definito un “sistema di fame istituzionalizzata e disumanizzazione”. Lightstone è stato collaboratore di David Friedman, nominato nel 2016 ambasciatore statunitense in Israele, e da quel ruolo aperto sostenitore degli insediamenti coloniali nei territori palestinesi; ora affianca l’inviato per il Medio Oriente Witkoff. Noto per essere un severo critico delle Nazioni Unite Lightstone si è a lungo prodigato a sostenere società come Shining City Community impegnata nella protezione del sionismo attraverso finanziamenti internazionali convogliati in forma anonima.
Il settantunenne tycoon egiziano Naguib Sawiris, noto in patria come mister dieci miliardi di dollari, è un figlio di papà che fa fruttare lo status di famiglia tramite amicizie affaristiche che s’interfacciano col Medioriente più danaroso, quello delle petromonarchie, e joint venture sparse per il mondo geopolitico. Suo padre Onsi fondò Orascom, impresa per l’edilizia divenuta il primo conglomerato multinazionale egiziano. Nel mondo che si trasforma Sawiris s’è allargato alle telecomunicazioni, ha creato Mobinil, ora Orange Egypt, operatore della prima rete mobile del Mashreq e dal settore minerario ha fatto brillare i suoi occhi sull'industria dell'oro creando la holding La Mancha con sede in Lussemburgo. I suoi legami con Blair sono di vecchia data, prima di inviti e abbracci per il matrimonio del rampollo di casa Sawiris, Ansi, i due trattavano affari in genere in luoghi glamour. Noti gli scatti di paparazzi, a caccia di scoop fra i vip, che li ritraevano presso la villa Certosa di Berlusconi e dimore lussuose in Costa Azzurra. Appassionati di denaro e di sfondi marini Naguib e Tony s’incontravano a Mykonos magari anche per trattare della “ricostruzione dell'Afghanistan” un piano dove il primo proponeva gli appalti del suo Orascom e il secondo ne assecondava l’agibilità trattando coi governi-fantoccio Karzai e Ghani che le missioni Nato sostenevano. In un momento d’insana follìa Sawiris aveva pensato anche di fondare un partito (dei Liberi Egiziani) in patria, sebbene trascorresse gran parte delle sue giornate a Dubai o New York. Ci ha ripensato quasi subito, visto che la lobby militare non gradiva ingerenze, e lui sostenitore dell’impresa e dei profitti realizzati a braccetto col Potere e non contrapponendosi a esso ha continuato a curare i suoi interessi non quelli del popolo né del Paese. A curare i propri guadagni, pur sotto le stelle e strisce e sotto la stella di David c’è il terzo uomo, Marc Rowan, uno dei finanzieri più ricchi di Wall Street, anch’egli mister 10 miliardi di dollari a detta di Bloomberg.
E’ un sessantatrenne ebreo d’America, amministratore delegato di Apollo Global Management, società di gestione patrimoniale, che tratta tutto ciò che il linguaggio finanziario (capitale mezzanine, hedge fund, prestiti non performanti e via cantando per iniziati) mantiene misteriosamente baluginante per ricconi in apparire e divenire. Viene descritto quale esperto di ‘spietati profitti a tutti i costi’ un biglietto da visita assai più inquietante di quel che traspare dai traffici delle sue faccende. Fra operazioni finanziarie che tanfano di ruberie Rowan s’è descritto in alcune interviste come un “orgoglioso sostenitore di Israele e del suo esercito”; definisce “il nostro Paese come il nostro rifugio, un luogo unico e speciale per noi che siamo il popolo eletto”. Intanto ha sganciato un milione di dollari per l’ultima campagna presidenziale di Trump. Meno esposto il quarto personaggio suggerito da Blair: l’olandese Sigrid Kaag, tecnocrate europea che ha ricoperto il ruolo di coordinatrice umanitaria e di ricostruzione senior delle Nazioni Unite per Gaza dalla fine del 2023 alla metà del 2025. In precedenza è stata funzionaria delle Nazioni Unite a Beirut, Damasco e Gerusalemme, nonché ministro nel suo paese d'origine, i Paesi Bassi. In patria Kaag aderisce al Partito liberale, e, bontà sua, ha definito quel che accade a Gaza: “una macchia sulla nostra coscienza collettiva”. Parlando del suo lavoro di gestione degli aiuti a Gaza ha affermato che Israele ha “gravemente traumatizzato e privato la popolazione di tutto ciò che costituisce dignità umana”. Rispetto alle altre figure proposte da Blair, può rappresentare la perfetta maschera dietro la quale celare il desiderio di bracconaggio che il mondo trumpiano predispone parlando di pace. Oppure continuando a esprimere simili concetti avrà sicuramente vita di rappresentanza breve. Anzi brevissima.
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