venerdì 11 marzo 2022

India, il poker nazionalista orienterà le elezioni 2024

Prendendosi l’Uttar Pradesh – oltre a Uttarakhand, Maripur e Goa – prendendolo col monaco fondamentalista Yogi Adityanath, il partito nazionalista hindu (Bharatiya Janata Party) continua a tenersi stretta l’India in un momento in cui il mondo fibrilla, parla di guerra globale, riassetta supremazie e domini, stabilisce equilibri futuri. Musica per chi fa del desiderio di potere personale, di casta, di patria il suo viatico, mescolando religione e razza, sostenendo la superiorità verso concittadini d’altre fedi, pensando a supremazie interne e globali. Il popolosissimo Uttar Pradesh è l’anima della Federazione indiana, l’incarnazione della tradizione che può farsi fanatismo e il profondo legame con una storia variegata. E’ l’impatto dei numeri – duecentodiecimilioni di anime – che fanno i conti con una vita al tempo lenta e frenetica, poverissima e arrembante verso il futuro. In questa scadenza dell’urna i temuti contadini locali non hanno voltato del tutto le spalle al premier Modi, certo l’hanno ridimensionato. Cinque anni addietro il partito di governo aveva ottenuto 312 dei 403 seggi totali, azzerando ogni altra velleità. Il successo odierno è comunque tondo: il monaco arancione resta padrone dello Stato e con 256 deputati, può continuare a governare sulle città sante dell’induismo e predisporsi a sostituire Modi alla guida del partito e della nazione alle politiche del 2024. Chi doveva metterlo in ginocchio, i progressisti del Samaywadi Party, ottengono una buona fetta di seggi, 110, ne avevano 47, ma non rovesciano il tavolo; mentre scompare quasi del tutto il Partito del Congresso che con solo 2 deputati è ridotto a fare testimonianza di sé. Proprio nelle urne di Varanasi, tanto per ricordare i luoghi sacri hindu, il leader del Samaywadi Party Akhilesh Yadav ha denunciato brogli. “La Commissione Elettorale dovrebbe indagare, abbiamo bisogno di salvare i nostri voti dai trucchi dello spoglio. Mi appello al popolo per salvare la democrazia” ha tuonato l’otto marzo. E riferendosi a exit-poll senza proiezioni sicure, che davano per vincitore il candidato del Bjp, sosteneva come quest’approccio ha condizionato il voto. Gli avversari hanno snobbato le illazioni, e con un giorno d’anticipo sulla chiusura elettorale (10 marzo) hanno iniziato a danzare per strada inondando di fiori i propri candidati vincenti.

 

Lo Stato dove il Bjp non sfonda è il Punjab, la terra dei cinque fiumi (Satluj, Bias, Ravi, Chenab, Jhelum) e dei trenta milioni di abitanti, fra cui molti agricoltori.  Finora governato dal Partito del Congresso che vorrebbe opporsi a Modi, ma i trascorsi infangati da corruzioni d’ogni sorta lo stanno corrodendo. Qui il voto popolare ha premiato Aam Aadmi Party, un gruppo con un decennio di vita il cui leader Arvind Kejriwal, diventato Primo ministro dello Stato di Delhi, ha l’ambizioso piano di voler creare un’alternativa al duopolio Bjp-INC. In qualche area ci sta riuscendo poiché i 92 deputati ottenuti nel Punjab contro i 18 del Partito del Congresso (i governativi del Bjp, 2 seggi, sono sempre stati fuorigioco) hanno sotterrato ogni ambizione di ripresa del clan Gandhi. Nel Punjab Indian National Congress, vincitore nel 2017 con 77 deputati su 117, era stato scosso da conflitti intestini. A due mesi dalle elezioni aveva rimpiazzato il proprio premier, Amarinder Singh, con un altro politico scelto fra i Dalit, Singh Channi. Furioso il leader dismesso aveva formato un raggruppamento personale (Lok Congress) alleatosi col Bjp. Una mossa infruttuosa per lui e per il partito di Modi, usciti perdenti dalla consultazione panjira. Chiudono lo scacco matto hindu l’Uttarakhand - dieci milioni di abitanti, più della metà della comunità sikh, attraversato a nord dalla catena himalayana che fino al 2000 era unito all’Uttar Pradesh - dove il Bharatiya Party ottiene 48 seggi e il Partito del Congresso 18. Manipur, la “terra ingioiellata” area orientalissima a fianco del travagliato Myammar, tre milioni di cittadini fra cui l’etnìa Meitei di ceppo cinese. Il Bjp conquista 32 seggi, National People’s Party 7. Infine Goa lo Stato più piccino con un milione e mezzo di anime, ex colonia portoghese affacciata sul Mare Arabico, il Bjp incamera la metà dei posti: 20 seggi su 40, ICN 11, AAP 2. Anche nelle latitudini indiane l’affluenza alle urne è risultata deficitaria: i votanti sono stati il 55% degli aventi diritto.

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