La marcia per il ritorno
dei profughi palestinesi si trasforma in una via Crucis nel venerdì di
passione. Si chiamavano prevalentemente Mohammad ed erano sicuramente islamici
le quindici vittime messe in croce con la tecnologia dei droni che sparavano lacrimogeni
dall’alto, mentre tiratori scelti di Tsahal da terra hanno colpito a morte e
ferito quei corpi ammassati sul confine che riproponevano una protesta contro
omicidi più antichi. Era il 1976, proprio il 30 marzo, quando sei palestinesi
disarmati che aderivano alla prima manifestazione intitolata al ‘Giorno della
terra’ contro la decisione israeliana di espropriare cospicue aree della
Cisgiordania, vennero centrati mortalmente
anch’essi da proiettili. Questa trama omicida ripetuta in tante, troppe circostanze,
ha avuto oggi l’ennesimo copione stragista. Oltre a quindici cadaveri di uomini
compresi fra i 19 e i 38 anni si contano millequattrocento fra feriti e
intossicati dal gas. Una repressione inconcepibile, un piano preparato a
puntino secondo precise direttive del governo di Tel Aviv, vista la presenza di
tiratori scelti dislocati su una vasta linea di confine dove i manifestanti
avevano montato tende per offrire assistenza logistica ai numerosi partecipanti
anche d’età adulta e avanzata. Per questo Israele ha accusato Hamas di gettare
allo sbaraglio migliaia di persone.
Hamas, per bocca del suo
leader Haniyah, ha precisato che l’iniziativa è partita dal basso ed era molto
sentita dal suo popolo e che la marcia è l’inizio del ritorno sull’intera Palestina.
Israele che quest’anno festeggia il 70° anniversario della sua fondazione, è
coadiuvata in tale scadenza da un copioso sostegno occidentale. Si pensi alle
prime tre tappe del Giro ciclistico d’Italia, previste appunto in quella che
era la Palestina storica, un’iniziativa propagandistica con cui il premier
Netanyahu ha voluto sancire anche tramite lo sport delle due ruote, popolarissimo
in Europa, un benestare alle occupazioni originarie e attuali, tramite militari
e coloni. Inoltre il leader sionista sente il pieno conforto
dell’amministrazione Trump e accresce gli agguati criminosi come quello odierno.
Poiché gli organizzatori della protesta palestinese prevedono sei settimane di
mobilitazione sino al 15 maggio, di fronte a repressioni così sanguinose, la
situazione può precipitare. Il Centro legale palestinese ha diramato una
durissima condanna dell’esercito israeliano che compie l’ennesimo crimine “in violazione a ogni diritto internazionale,
senza distinguere nell’uso delle armi fra combattenti e civili disarmati”
quali erano tutti i partecipanti alla mobilitazione. Cancellerie, Capi di Stato
e le stesse Nazioni Unite finora tacciono.
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