Nella strategia della
morte che l’Isis rivolge ai cittadini occidentali, avviata con gli attentati
spettacolari di Parigi nel novembre 2015 e proseguita l’anno scorso all’aeroporto
di Bruxelles e poi a Promenade des
Anglais di Nizza, al mercatino antistante Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche
di Berlino
e ancora al “Reina club” di Istanbul, traspare una sorta di evoluzione dell’attacco
in due elementi chiave: l’attentatore e l’arma letale. E’ ormai noto il
messaggio che il califfo Al Baghdadi, la mente o una delle menti dell’assalto
all’Occidente, ha lanciato ai fedeli del Jihad: usare qualsiasi mezzo capace di
seminare morte per punire gli infedeli. Così ordigni, camion, coltelli,
kalashnikov possono tutti servire allo scopo, come mille altri strumenti.Tant’è
che temendo il “plastico” inserito in un pc portatile, le sicurezze americana e
britannica iniziano a vietare il trasporto in cabina di questi apparecchi (e
sfugge perché li si ammetta in stiva). La via del terrore scelta dall’offensiva
jihadista nel cuore dell’Occidente ha, dunque, la forza di utilizzare gli
elementi della vita normale per praticare la propria guerra. Inoltre sta diversificando
le figure di attentatore.
Alla cellula aggregata e
protetta nel quartiere d’immigrazione, com’era il caso del sobborgo di Molenbeek,
va sempre più inserendo il “lupo solitario”, spesso un marginale indottrinato
in carcere dalla rete dei reclutatori com’era Mohammed Lahouaiej-Bouhel, che
nella festa di Francia azzerò ottantadue vite. Oppure Anis Amri, il
“camionista” di Berlino fuggito in Italia e freddato mentre s’aggirava davanti
la stazione ferroviaria di Sesto San Giovanni. Insomma il miliziano potrà
essere un tiratore esperto come Abdulgadir Masharipov, l’uzbeko che nella notte
di Capodanno ha rovesciato vari caricatori sugli avventori dell’esclusivo
locale sul Bosforo, o adattarsi a colpire con qualsiasi cosa, utilizzando
l’unica arma imprevedibile contro cui le Intelligence non possono nulla: l’adesione
alla ‘guerra santa’. Taluni commentatori vedono nella tipologia dello strumento
d’offesa utilizzato una debolezza dei terroristi, evidenziano le difficoltà nel
procurarsi quel materiale (ordigni esplosivi) che aveva caratterizzato le
stragi qaediste del 2005 a Londra e Madrid. Merito – sostengono – del lavoro
dei Servizi. E così sarà.
Eppure ciò che
destabilizza il cittadino medio delle metropoli europee, e l’intero sistema che
gli gira attorno e nel quale è inghiottito, è proprio la banale normalità con
cui si presenta la nuova frontiera di attentati. Assolutamente imprevedibili
perché scaturiti da quel che c’è nella nostra quotidianità. La mente perversa
di Al Baghdadi (o chi per lui) avrà pure partorito il topolino, ma è questo che
tiene in scacco le Intelligence che pur si vantano di studiare e prevenire ogni
azione. Dall’11 settembre francamente non si sa chi abbia fatto più strada…
Certo quella che potrebbe disattivare la citata arma letale che è la scelta
della ‘guerra santa’ viene meticolosamente aggirata da parlamenti e governi
occidentali, che verso il mondo islamico nel suo insieme, alzano muri e
controffensive come se si stesse davvero all’epoca di Saladino e Riccardo Cuor
di Leone. Così ci si perde fra ipotesi di soluzioni tecniche e militari e
competizioni ideologico-confessionali fra civiltà che fanno la gioia dei
predicatori salafiti e di chi nell’Islam cerca potere. Con simili presupposti
ai reclutatori del Jihad i kamikaze non mancheranno. Quanto all’arma basta
guardarsi attorno: il quotidiano è un bazar fornitissimo per la morte.
Questi attentati tutti uguali sono orchestrati dai servizi segreti. Quando cominceremo a parlarne seriamente? Mai???
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