Una testa che spunta da una buca scavata al
suolo. E’ quella di Rokhshana, una diciannovenne che lì è stata interrata da
uomini infoiati. Le stanno attorno scagliando pietre, punizione tribale ma mai
prescritta dal Corano, sebbene sia tuttora praticata da componenti
fondamentaliste presenti in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Nigeria,
Sudan, Yemen, Pakistan, Afghanistan. L’ultimo episodio noto, perché tanti
sfuggono all’informazione anche nel mondo globalizzato, è accaduto giorni
addietro in un villaggio dell’Afghanistan centrale, provincia di Ghor, controllato
dai talebani. E’ stato addirittura registrato finendo sul web e su taluni
social network. Riprese per nulla sofisticate, nessuna regia come durante gli
sgozzamenti propagandistici realizzati dai miliziani dello Stato Islamico per
punire ipotetici nemici (giornalisti e cooperanti) e terrorizzare gli abitanti
delle aree conquistate. La crudele fine della giovane donna scaturisce dalla
sua condizione che l’ha vista vittima due volte.
Quando, ancora bambina, è stata data in sposa a
un uomo adulto e, dopo aver cercato con un coetaneo una liberazione da quel
giogo tramite una fuga. Poi quand’è stata catturata dagli studenti coranici
combattenti e condannata per adulterio. Così è finita nella buca dell’infamia e
le hanno tolto anima e corpo a colpi di pietra. Eppure in Afghanistan una
simile nefandezza non accade solo nei luoghi, e sono ormai tanti, controllati
dai Taliban. A un’altra ragazza afghana, Farkhunda, è successo in pieno centro
di Kabul, dove i turbanti neri non c’erano, ma c’era il pashtunwali, l’atavico e maschilista comportamento con cui troppi
uomini di quel Paese si rapportano alle donne, sottomettendole, punendole,
assassinandole. Nei giorni scorsi militanti del partito afghano Hambastagi,
impegnato contro ogni fondamentalismo, talebano o governativo, hanno innalzato
nel luogo del supplizio una stele che ricorda il sacrificio della giovane
contro la barbarie dei costumi e della fede.
Nessun commento:
Posta un commento