Sembra lontano, lontanissimo quel 2009 quando i
colloqui fra talebani afghani e uomini della Cia avvenivano nei territori
“neutrali” delle aree tribali oppure nella pakistana Quetta, dove il mullah
Omar trovava rifugio prima che l’offensiva della locale Intelligence lo
sloggiasse anche da lì. Quegli incontri erano segretati o comunque
discretissimi, per non far trapelare il doppiogiochismo praticato a fasi
alterne da statunitensi (coadiuvati dai britannici) e uomini del governo Karzai,
anche in concorrenza fra loro. Mentre le diplomazie avvicinavano i nemici, i
militari dell’una e altra parte si sparavano addosso. Messi da parte gli appuntamenti
criptici ora tutto avviene alla luce del sole. Del Golfo. Nell’ufficio talebano
in Qatar, che dal 2013 rappresenta una realtà e in questi giorni ospita le
fazioni. Domenica scorsa l’iniziativa ha avuto un ennesimo rilancio, sotto la conduzione
del presidente Ghani che definisce i dialoghi “discussione scientifica”, mentre
i taliban l’etichettano come “conferenza di ricerca”. A far da ambasciatore di
bendisposti diplomatici delle due parti - rivela un informato cronista del New York Times - è Nazar Mohammad
Mutmaeen, uno scrittore che all’epoca del governo talebano a Kabul ha vestito i
panni di funzionario. E nonostante il passato è tornato da qualche tempo a
vivere nella capitale.
Nelle trattative è presente una novità: la
delegazione governativa conta anche tre donne, che per la prima volta si
presentano al cospetto del fondamentalismo talebano con quel ruolo attivo,
cancellato anche dai divieti imposti nel quinquennio del loro governo oscurantista
(1996-2001). Non è dato sapere se lo scandaglio fra le parti prevedrà di toccare
anche tematiche afferenti alla condizione femminile. Il tema è delicatissimo
poiché in Afghanistan sulla pelle delle donne il potere e i comportamenti maschili
rovesciano ataviche scelleratezze. Come mostrano i casi degli orrendi reiterati
omicidi femminili, per i quali non bastano le possibili punizioni di legge. Su tale
terreno talebani e fondamentalisti seduti nel Parlamento e presenti accanto a
Ghani e Abdullah non differiscono affatto. Sicuramente si parlerà di diminuzione
delle ostilità. Ma come conciliare il piano antiterroristico statunitense con
l’offensiva di primavera annunciata dai turbanti neri e già avviata con azioni
nella provincia di Kunduz, è tutto da scoprire. Note provenienti dalla Nato
rivelano che dall’inizio dell’anno su 128 attacchi aerei prodotti dall’Air
Force statunitense, 52 si sono concentrati nel marzo scorso. Significativo esempio
di come Washington non stia affievolendo affatto il proprio impegno militare.
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