Signor Kılınç il Bdp esce
dalle amministrative con risultati lusinghieri, che riflesso avrà tale successo
sulla comunità kurda?
Com’è
nostro costume anche in queste elezioni abbiamo presentato progetti per donne,
bambini e l’intera comunità che è sempre al centro di ogni nostra mossa
politica. Dal buon risultato seguiranno ulteriori avanzamenti.
Queste elezioni avevano un’indubbia connotazione
politica, ritiene che la linea di Erdoğan ne esca
rafforzata?
Dopo
un periodo distensivo col quale Erdoğan ha cercato di farsi
accettare e amare, prima e dopo l’estate scorsa era giunta per lui la
turbolenta fase di scontro con gruppi dell’opposizione, quindi i guai degli
scandali finanziari. Il risultato favorevole delle amministrative lo rafforza
molto. Ora ha pieni poteri e nessuna componente politica può contrastarlo.
Dal discorso post elettorale il premier
turco sembra rilanciare anche il proprio disegno autoritario, i kurdi temono qualcosa?
Girando
nelle zone del sud-est Erdoğan ha sempre cercato di carpire
simpatie e lanciare condivisioni, diceva: il vostro problema è anche il mio
problema. Tornato ad Ankara rovesciava i pensieri sostenendo: lì ci sono solo
terroristi. Il suo è un gioco delle menzogne, una doppiezza assoluta verso kurdi
e turchi. Tempo addietro anche il suo governo ha fatto stragi di donne e
bambini… E’
solito affermare: per voi farò questa cosa e quest’altra, invece non accade
nulla di positivo. Dopo le elezioni, non
solo le presidenziali ma quelle politiche (nel 2015, ndr), si potrà comprendere
se esistono margini per una vera pace. Noi non siamo preoccupati, ma dobbiamo
constatare come di fatto Erdoğan continui a giocare.
Riproponendo le sue velleità per le
presidenziali d’agosto il leader dell’Akp avrà bisogno d’un 5% di voti che gli mancano
per ottenere il 50%, li chiederà al vostro elettorato?
Occorre
molto più del 5% per conquistare la presidenza, comunque la grossa battaglia
sarà successiva e avverrà nel Parlamento. Erdoğan vuole avere più potere di
Gül e trasformare il sistema
della repubblica. Se questo disegno andrà in porto avrà nelle mani tutto: la
nazione, l’esercito, la stampa, probabilmente la magistratura. Noi kurdi non
vogliamo questo, fare accordi è difficile.
Ma se accettaste, quale sarebbe la
contropartita?
Erdoğan parla di democrazia, ma
dov’è se manca l’autodeterminazione? Ribadisce i concetti del kemalismo: una
bandiera, un popolo, una lingua senza prestare attenzione alle altre etnìe. Non
solo i kurdi, nessuno può accettare imposizioni.
Durante le amministrative Demirtaş ha già anticipato l’obiettivo
dell’autonomia del Kurdistan turco, nell’ipotetico patto elettorale si può
inserire la liberazione di Öcalan?
Non so se ci
potranno essere patti, certo la liberazione di Öcalan è un obiettivo ed
equivale al riconoscimento dell’identità d’un popolo. Abdullah è un leader
ascoltato anche in Iraq e Siria, tutti sono connessi con lui.
Fra le città del sud-est avete riconfermato la direzione a Diyarbakır. Cosa riuscirà a fare il nuovo sindaco, Gültan
Kışanak?
Il nostro progetto eleva Diyarbakır a città delle
donne, una prospettiva sentita e seguita dalla popolazione, abbraccia vari
problemi femminili e segue obiettivi semplici e concreti. I cittadini
giudicheranno l’operato di gestione fra cinque anni. E poi abbiamo il disegno
dell’autonomia da rincorrere.
Il progetto del confederalismo
rivolto alle quattro nazioni dove i kurdi vivono risulta archiviato?
L’idea più consona per il futuro dei territori kurdi
divisi fra i quattro stati comunque lontani non è il confederalismo, ma
un’autonomia come nel caso della Rojava, un esempio di auto democrazia da
riprodurre fra i popoli di tutto il Medio Oriente.
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Ozan Kılınç scrive per Azadiya Welat,
è membro del consiglio di presidenza del Comitato per la stampa libera del Bdp
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