La sciagurata marcia verso la guerra regionale di Israele aggiunge l’ennesimo tassello di sangue rivolto ai vertici di Hamas e all’alleato iraniano. Un’ulteriore esplosione, seguita a quella della periferia di Beirut dove ieri sera un drone aveva smembrato Fuad Shukr leader in seconda di Hezbollah, ha spento per sempre il sorriso di Ismail Haniyeh, dal 2017 a stanotte capo politico del Movimento islamico palestinese di Gaza. Inseguito dal desiderio omicida dei suoi nemici da anni Haniyeh viveva lontano dalla Striscia perché non diventasse un bersaglio fisso o mobile, com’è accaduto ai suoi familiari (tre figli e tre nipoti) sterminati nei mesi scorsi dall’Idf. Qatar, Turchia l’avevano ospitato in più occasioni, ma l’uccisione di stamane compiuta a Teheran presenta un ulteriore valore simbolico. I vertici di Tel Aviv, stretti attorno all’unica ragione di vita del governo Netanyahu: proseguire la guerra all’infinito per mantenere l’emergenza e il potere, hanno disintegrato il più noto leader palestinese e una sua guardia del corpo colpendo un edificio della capitale iraniana dov’era alloggiato per presenziare all’insediamento del neo eletto presidente Pezeshkian. Hanno portato guerra sul territorio di un nemico che più volte ha dichiarato di non voler entrare in prima persona nel conflitto pur sostenendo e foraggiando la causa palestinese. L’azione bellica diretta nei cieli del Paese avverso, già in altre circostanze colpito con operazioni di Intelligence rivolte contro tecnici impegnati sul fronte nucleare e capi delle milizie Pasdaran, può segnare un passo di non ritorno per il conflitto che sta già deflagrando nel Libano meridionale. Il pragmatico riformista Pezeshkian non spingerà sull’acceleratore bellico come potrebbero volere i Guardiani della Rivoluzione, perché il suo disegno è provare a ricucire i rapporti con l’Occidente. Ma la moderazione non appartiene al quadro internazionale in atto Oltreoceano dove i quattro mesi che precedono l’elezione presidenziale americana paiono favorevoli a senso unico per il rilanciato Donald Trump. Amicissimo del sionismo massacratore incarnato da Netanyahu e lui stesso destabilizzatore con iniziative assassine, come quella in cui ordinò di colpire il capo della Forza Al Quds Soleimani a Capodanno 2020. Tutto questo il sanguinario Benjamin lo sa. E prepara una strada infuocatissima. Certo, l’eliminazione dei leader non produce la decadenza delle strutture politiche da loro dirette. Pur senza Haniyeh il gruppo politico palestinese prosegue il suo percorso. “L’assassinio di questo nostro fratello mira a spezzare Hamas. Noi siamo fiduciosi nella vittoria finale” ha dichiarato Abu Zuhri, alto funzionario del gruppo mentre si preparano esequie solenni che avvicineranno buona parte del mondo islamico, sunnita e sciita.
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