Con l’elezione di Ali Zardari alla presidenza del Pakistan, ottenuta con 411 preferenze sull’avversario Khan Achakzai che ha raccolto 181 voti, il cerchio si chiude. Il ferreo patto con cui la Lega Musulmana-N e il Partito Popolare Pakistan, dopo anni di polemiche e reciproci contrasti si sono avvicinati per escludere il Tehreek-e Insaf Party dell’ex premier Imran Khan ha prodotto la spartizione degli incarichi. Nei giorni scorsi Shehbaz Sharif della Lega è diventato capo del governo, oggi Zardari del PPP s’è garantito la carica di capo di Stato. La quale pur solo rappresentativa costituisce pur sempre un’Istituzione che può dialogare con gli altri poteri forti, ufficiali e ufficiosi: i palazzi di Islamabad dove risiedono Esecutivo, Forze Armate e Intelligence. I due clan Sharif e Bhutto-Zardari un tempo nemici ora collaborano per tenere lontano dalle leve del potere gli imponderabili seguaci dell’uomo che ha scosso le trame politico-militari del Paese: l’ex campione di cricket Khan. Accusatore del ceto dirigente cui appartengono i leader Nawaz Sharif e Ali Zardari entrambi condannati e incarcerati per corruzione e tangenti, Khan è tuttora in prigione con la stessa accusa. Lui si schermisce parlando di pretestuosa montatura, visto che la condanna gli ha addebitato la mancata dichiarazione fiscale d’un orologio, pur prezioso, ricevuto in dono da un manager durante il suo premierato. Il fatto, indubbiamente censurabile, non regge il confronto con la macchina degli illeciti balzelli che i citati esponenti di Lega e Partito Popolare intascavano nell’esercizio delle loro funzioni. Proprio l’oggi sessantanovenne Zardari, proveniente da una ricca famiglia di proprietari terrieri, s’era guadagnato l’epiteto di “mister ten per cent” indicativo della percentuale che riscuoteva alla conclusione di ogni affare di Stato. Il suo matrimonio con Benazir Bhutto, figlia d’una storica stirpe politica pakistana e prima donna premier della nazione con due incarichi dal 1988 - nella fase che interrompeva la feroce dittatura del generale Zia-ul Haq - al 1996, fu chiacchierato. In effetti aveva i contorni dell’unione di comodo fra un elemento giovane e capace, Benazir s’era laureata a Oxford ed era fortemente motivata nella carriera, mentre Ali era solamente benestante per eredità familiare, ma risultava uno sfaccendato sciupafemmine dedito a vacanze e feste. Dopo la morte in un attentato di Benazir (dicembre 2007) avvenuta durante una campagna elettorale che la riproponeva come possibile vincitrice, il marito visse un periodo d’immeritata popolarità sull’onda dello sdegno per l’esecuzione orchestrata da membri dell’esercito. Il generale e presidente pakistano Musharraf fu sospettato d’essere fra i mandanti dell’omicidio, ma non fu mai incriminato. Comunque il clan Bhutto-Zardari teneva ben strette le mani sul partito che il figlio Bilaw guida assieme al papà. Probabilmente con l’attuale incarico di Ali, sarà il rampante rampollo a orientare la linea del PPP.
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