L’omicidio della
cinquantacinquenne giornalista indiana, Gauri Lankesh, avvenuto a Bangalore (la
metropoli scientifica per eccellenza della federazione indiana), con tre
proiettili sui sette sparati da un commando che l’attendeva nei pressi della
sua abitazione, è solo l’ultimo di una catena che da anni insanguina il Paese.
Negli ultimi quattro, il medico e intellettuale Dabholkar (2013), lo scrittore
Kalburgi, il filosofo Pansare (entrambi nel 2015) sono stati freddati a colpi
di pistola da killer poi dileguatisi alla maniera dei tre assassini della
giornalista. Purtroppo le indagini sui crimini si sono via via svilite, sebbene
i sospetti rivolti a induisti fanatici che vedono nei sostenitori d’idee
progressiste, razionaliste e anticasta dei bersagli da colpire, fossero pesanti.
Ma l’aria che l’enorme nazione respira dalla salita al potere dell’ampiamente
conservatore Partito Nazionalista Indù (Bharatiya
Janata Party) non è delle più democratiche. Anzi, con l’elezione a
presidente del leader Narendra Modi, attivissimo sulla scena internazionale sul
fronte dell’economia geopolitica coi Brics e oltre, le componenti più retrive
dell’estremismo cavalcano l’idea di ‘induizzazione’ della società. Quello che
le vittime citate provavano a contrastare.
La Lankesh, giornalista
di lungo corso e figlia d’arte, s’inseriva in tale contesto, magari non su un
fronte di dispute ideologico-religiose come le altre vittime, ma era in prima
linea per le battaglie a favore di umili, minoranze (ultimamente i Rohingya) e dei
diritti dei gay. Era conosciuta come la cronista indomita, amante del ruolo
vitale della professione: far conoscere questioni senza nasconderne le
contraddizioni, senza voltare lo sguardo e farsi intimidire dal potere. Sull’impostazione
data a un settimanale (Lankesh Patrike),
fondato dal padre e per il quale Gauri continuò a lavorare insieme al fratello
Indrajit, nacquero con quest’ultimo dissensi. I due arrivarono a querelarsi,
sebbene l’uomo, che s’occupava della gestione economica, non fosse coinvolto
nella linea editoriale. Indrajit accusò la sorella di offrire spazio alle
posizioni naxalite, una variegata
componente maoista presente in alcune
aree del Paese. Lei negava, pur ribadendo tutto il suo progressismo sociale e
politico, rivolto contro le posizioni reazionarie di partiti e associazioni
della destra indiana. L’anno scorso la cronaca giudiziaria interna l’aveva
vista coinvolta in una diatriba con l’accusa di diffamazione per aver accusato
tre membri del partito di governo (Bjp) di truffa verso un commerciante. Dopo
vari dibattimenti fra giudici di primo grado, Corte Suprema cui la giornalista
s’era rivolta, una sentenza definitiva la condannava per non aver fornito prove
sulle accuse. Il rifiuto a fornire documenti e soprattutto le generalità degli
informatori, che a suo dire provenivano da membri del partito stesso, ribadiva i
tratti d’una caparbietà caratteriale e professionale.
Rigorosa nel raccontare,
implacabile quando scopriva intrighi che riguardavano il potere Gauri
rappresentava l’ennesimo esempio di chi offre valore a questo lavoro,
notoriamente un avamposto nel controllo dei potenti, purtroppo in vari casi
trasformato da quest’ultimi in servizievole corte. La Lankesh era altro. Apparteneva
alla parte pregiata dell’informazione e questo gli è riconosciuto da parecchi
colleghi ed editori in India e fuori. La ricordano come un’eccellente
giornalista, dicono che nonostante fosse piuttosto nota avrebbe potuto avere un
pubblico più vasto scrivendo in inglese, invece aveva scelto l’etimologia della
regione (kannada) per restare in rapporto con la gente del territorio. Uno dei
suoi punti fermi era l’opposizione al sistema delle caste giudicato ingiusto e
prevenuto, perciò era vista come fumo negli occhi da un ampio fronte
conservatore, dal partito di governo ai più viscerali fondamentalisti indù. Il
‘Comitato di protezione dei giornalisti’ ha richiesto alle Istituzioni adeguate
inchieste sul suo omicidio e ha lanciato un appello per “fermare l’escalation di violenza della destra politica che, servendosi
di tematiche odiose, sta rendendo impossibile la convivenza nel Paese”. Da
ieri migliaia di cittadini rendono omaggio e onore al feretro della donna, esposto
pubblicamente nel cimitero di Bangalore.
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