Şiyar Salman e Şerdıl Cengiz erano due
giovani del distretto di Sur, diciannove anni il primo, ventuno il secondo.
Sono morti ieri di coprifuoco, presso Diyarbakır. Colpiti da proiettili
“vaganti” come l’avvocato dei diritti Tahir Elçi, freddato a sua volta durante
una conferenza stampa tenuta giorni addietro all’aperto, sotto lo storico
minareto della città. Elçi denunciava l’insostenibile situazione d’una Turchia schiacciata
proprio dalle massime figure politiche nazionali - presidente e premier - ritenute
responsabili del clima di terrore che si vive da mesi. Come lui migliaia di
attivisti e cittadini kurdi delle province del sud-est protestano contro la
sequela dei coprifuoco che si susseguono dalla metà di agosto. Il distretto di
Diyarbakır ne ha subìti più di trenta, quello di Mardin nove, Şirnak cinque,
poi ce ne sono stati ad Hakkari, Muş, Batman, Elaziğ, sono state coinvolte
oltre un milione e trecentomila abitanti, sono state spezzate decine e decine di
vite. Proteste, presidi, tentativi manifestazione vengono continuamente
attaccati da polizia e dai militari che occupano quelle aree anche con mezzi
pesanti come carri armati; questi in più di un’occasione hanno anche sventrato
abitazioni in taluni villaggi. A Nusaybin, nella provincia di Mardin, ultimamente
ben diciassette cittadini sono stati assassinati durante operazioni repressive.
Eppure la popolazione continua a
sfidare il regime monocolore dell’Akp che, ritemprato dal successo elettorale e
nonostante i molti problemi sul fronte estero, sceglie di applicare una linea
durissima verso qualsiasi contestazione di piazza. Le piazze kurde, poi, sono nel
mirino di reparti antisommossa e probabilmente di cecchini, già in altre fasi utilizzati
per seminare morte. Ieri la marcia di Diyarbakır, sostenuta da uno dei quattro
grandi partiti presenti in Parlamento, l’Hdp, è stata attaccata con la ferocia
diventata “ordinaria” gestione d’un ordine pubblico trasformatosi in divieto
assoluto di espressione organizzata. Dai gas lacrimogeni ai cannoni ad acqua la
polizia è passata ai colpi d’arma da fuoco, scontrandosi coi militanti del
Movimento giovanile patriottico rivoluzionario (YDG-H). I genitori degli uccisi
hanno lanciato parole infuocate contro una Turchia privata della legalità,
imbarbarita da un ritorno al conosciuto fascismo. Quindi il padre di Cengiz ha
attaccato direttamente Erdoğan definito “leader
dell’Isis”. “Lui stesso (Erdoğan,
ndr) ha coinvolto l’Isis nello scontro
col popolo kurdo e gli fa uccidere i nostri figli”. Il riferimento è agli
attentati di Suruç e Ankara i cui esecutori risulterebbero legati al Daesh. Stamane
le esequie dei due giovani sono state seguite da migliaia di persone e i
feretri accompagnati in corteo al cimitero di Yeniköy dove la folla si è
radunata, controllata a distanza dalla polizia. La tensione continua a essere
elevatissima.
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