martedì 15 luglio 2025

Drusi contro beduini, nella Siria da plasmare

 


Nel lavoro incompiuto e difficilmente ricomponibile d’una nuova nazione siriana, che vede l’attuale leader al-Sharaa vestire i panni del pacificatore, la parte esplosiva del Paese risulta ancora l’ovest. Un territorio dove più sanguinosa e dura era stata la guerra civile, nello sfibrante braccio di ferro fra lealisti di Asad e jihadisti amici e sodali dell’allora al-Jolani. Tutto riversato sulla popolazione civile sotterrata a decine di migliaia. In quell’occidente settentrionale, fra Latakia e Tartus, è radicata la comunità alawita, protetta e alleata dell’ex presidente, mentre a sud insistono i clan drusi che nello scorso fine settimana si sono scontrati con tribù beduine. Per chi non lo sapesse, i drusi sono un gruppo etnico-religioso, sciita-ismaelita, da tempo diventato una  setta a sé stante, gruppo relativamente numeroso con settecentomila fedeli in Siria, trecentomila in Libano, più di centomila fra Galilea e Alture del Golan dunque nell’odierno Israele, e altre briciole fra Giordania, Turchia, Iraq. Bistrattati in varie epoche, come qualsiasi minoranza, costoro si sono armati durante il conflitto interno del 2012, seppure restando in genere neutrali e distaccati dai due fronti della contesa. Solo nella spallata ad Asad del 2024, la brigata al-Jabal s’è spinta fino alle porte di Damasco e ha liberato il proprio territorio fra Sawayda e Daraa. L’azione è valsa alla comunità lo status armato e il controllo di quell’area. Alla proposta di al-Sharaa di contribuire alla ricostruzione d’un esercito nazionale, era seguito un assenso dei capi drusi, ma nessun passo concreto. In precedenza Israel Defences Forces aveva speso alcuni bombardamenti a favore delle tribù druse del Golan che rigettavano, però, un protettorato giudicato subdolo. A Suwayda recenti fiammate, con morti e feriti, si sono ripetute fra tribù druse e beduine, quest’ultime d’orientamento religioso sunnita. Non è un’eccezione, ma ora che la moribonda Siria cerca di uscire dal coma, la vicenda fa notizia. 

 

E la rende sensibilissima, sia per il predetto disegno militare unitario di al-Sharaa, sia restando sul campo bellico per un riaffacciarsi in zona delle milizie di parte (Ash Sharqiyah) responsabili della reazione stragista contro gli alawiti nel marzo scorso, sia per l’ingresso dell’immancabile Idf che cerca qualsiasi appiglio per interventi ben oltre la frontiera, atti ad ampliare ulteriormente il “cuscinetto di sicurezza” orientale. Queste che in fondo possono essere considerate scaramucce nello sconquasso precedente subìto dallo Stato siriano, e nel ridisegno mediorientale avviato con l’offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza, la Cisgiordania, il Libano, l’Iran, vedono uno sfondo geopolitico su cui si muovono i grandi manovratori del disegno: la coppia alleata Trump-Netanyahu. Quella che non rinuncia e rilancia gli ‘Accordi di Abramo’, per sancire il definitivo abbraccio fra i grandi capitali arabi delle petromonarchie con gli interessi, anche economici, ma certamente politici e coloniali di Tel Aviv e delle sue aziende, in stretta correlazione con multinazionali di varie sponde. Occidentali ma pure intrecciate e di prossima espansione fra gli emiri. Il blocco politico che sogna di sradicare popolazioni, non semplici minoranze comunque in diritto di resilienza ed esistenza, da ben note aree (in prima fila si sono appunto Gaza e l’antica Palestina) e disegnarle come tante Abu Dhabi e Sharm al Sheikh. Deportando chissà dove comunità autoctone e trasformando i loro villaggi in resort per un turismo sguaiatamente danaroso. Il piano cerca d’ampliare adesioni e alleanze, non di partenariato ma di compartecipazione subordinata, e gli occhi sono puntati su governi malmessi e traballanti oppure neonati, come quelli del libanese Salam o del siriano al-Sharaa. Quest’ultimo sguarnito, almeno personalmente, di kalashnikov e ripulito per accedere ai tavoli internazionali a senso unico, dove si va a caccia di adesioni a pianificazioni preconfezionate. Nelle scorse settimane la Casa Bianca ha graziato la Siria dalle sanzioni, in più ballano finanziamenti miliardari per risollevare le miserabili condizioni di vita del dopoguerra, al-Sharaa deve solo annuire e piegarsi.

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