Fra il dire: “L’Unione Europea si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà” secondo quanto afferma la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, e il suo fare: limitazione o blocco delle accoglienze nei 27 Paesi membri, col diniego di Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Austria, e la voglia d’isolamento e muri di Estonia, Lettonia, Lituania, Bulgaria, Grecia, Danimarca, Cipro, passa tutta l’incongruenza dell’organismo presentato come l’Eden occidentale. Perché se da una parte le nazioni seguono gli orientamenti politici interni e le rappresentanze spedite al Parlamento d’Europa è comunque insostenibile che quella parte del mondo che un secolo fa conobbe ignobili dittature responsabili del più feroce conflitto della Storia, delle persecuzioni razziali, della Shoa, possa offrire spazi a tendenze politiche e comportamenti che rilanciano apartheid, esclusione etnica, violenza contro i migranti. Più nostalgia di Mussolini e Hitler che Spinelli pensiero. L’associazione Stop Border Violence lancia da oggi una raccolta di firme fra i cittadini del continente per indire un referendum che blocchi i respingimenti e le violenze alle frontiere; impedisca accordi con Paesi terzi colpevoli di violazioni dei diritti umani; crei un controllo indipendente per fermare gli abusi nei punti di confine e nello spazio comune europeo; stabilisca standard di accoglienza fra tutti i Paesi membri Ue; sanzioni le violazioni di tali normative. Questioni che non coinvolgono solo la Libia o ultimamente la Tunisia, riguardano da vicino Italia, Francia, Spagna, Grecia, Croazia oscillanti fra mancati soccorsi in mare, abusi e bastonature. Già tornare a quanto i capi di Stato europei sottoscrivevano a Nizza a inizio Millennio sarebbe un buon proposito, ma quelle parole si sono smarrite lungo il tortuoso percorso della matrigna geopolitica dell’ultimo ventennio. Rapporti di agenzie umanitarie, interventi di Ong, reportages d’informazione documentano da anni la condizione in cui versano decine di migliaia di persone che alle vessazioni della tratta, aggiungono quelle dei respingimenti o della permanenza nel limbo di campi si stazionamento (in Turchia, Grecia, Bosnia e ancora Libia) dove degrado, problemi igienici sono all’ordine del giorno, e la tortura, palese o minacciata, diventa uno spettro vagante. Se le istituzioni d’Europa guardano altrove, i cittadini europei possono denunciare tale viltà e gli intrallazzi che figure di primo piano della Ue e dei Paesi membri imbandiscono coi leader delle nazioni che fanno da “contenitore” delle migrazioni. Contro la stessa demagogia di capi politici che si mostrano possibilisti verso una ‘migrazione regolata’ sventolata quale alibi a una politica di chiusura della Fortezza Europa si può firmare al seguente indirizzo: https://eci.ec.europa.eu/032/public/
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