‘L’India è per gli hindu, i musulmani vadano in Pakistan’ canta con aria accorata e un sottofondo musicale d’impianto neomelodico Laxmi Dubey, ex giornalista diventata folk singer. E ancora: ‘Se tu musulmano vivi in India impara a dire vande mataram (lode all’India) e resta nel tuo spazio’. Non si fa mancare nulla l’hindutva - l’ideologia razzista e fascista che strumentalizza la fede hindu - e accompagna i facinorosi raduni dei suoi miliziani che agitano bastoni, armi bianche e armi da fuoco. Ora anche al ritmo di musiche diffuse su canali sempre più ampi. Il web è un terreno battutissimo, basta digitare “hindutva pop” su Youtube e s’apre un mondo: (https://www.youtube.com/watch?v=7HK_0WGcC-E). Fra i politologi c’è chi sostiene che tali brani, diventati popolarissimi nel Paese, siano un messaggio d’intolleranza, apartheid e violenza. Ce n’è un uso frequente nei raduni del fondamentalismo hindu per agitare animi già esaltati. Con un secolo di vita, teorizzata da Vinayak Domodar Savarkar, l’hindutva imperversa nella federazione indiana grazie non solo ai gruppi paramilitari che la sostengono da sempre, come il Rashtriya Swayamsevak Sangh, ma per la tolleranza, l’ammiccamento e il sostegno del Bharatiya Janata Party, la formazione del premier Modi. Ora che la divulgazione degli eccessi hindu viaggia su seguitissime cadenze musicali l’avversione agli ambienti musulmani raggiunge livelli parossistici. I musicisti-propagandisti hindu non hanno nulla in comune con fenomeni estremi, come quello dei rapper occidentali che, trattando temi di povertà, emarginazione, razzismo finiscono milionari per la gioia dei discografici. Magari finiscono pure all’obitorio come fu per Tupac, ma le storie sono ben distinte. Le voci dell’hindutva pop, predicano l’esclusione per gli islamici e invocano una sana violenza che li metta in riga. Nei testi d’un noto menestrello del bastone, Prem Krishnavanshi, troviamo: ‘Non sei umano, sei un macellaio…’ l’apprezzamento è rivolto a un indiano seguace del Corano.
Eppure Prem non è povero né derelitto, non incamera odio da una condizione sociale marginalizzata. Ha studiato, è un ingegnere, viene da Lucknow, capitale dell’Uttar Pradesh, pensa di entrare nel dorato ambiente di Bollywood. Però esaspera i toni in materia di fede, predica l’altrui esclusione ed emarginazione e negli ultimi quattro anni di canzonette la sua popolarità è salita alle stelle. La sua vicenda è sintomatica: la svolta ‘artistica’ intrapresa matura dopo l’ascesa al potere del partito di Modi; la polarizzazione interna e la scalata di violenza confessionale gli hanno offerto il ‘la’ musicale e non solo. Il sostegno all’intolleranza offerto da questi ‘artisti’ va a braccetto col ruolo giocato dal partito di governo che apre spazi sempre più ampi a elementi poco raccomandabili. Dall’Uttar Pradesh - vero laboratorio dell’infuocato clima su cui soffia il Bjp - provengono due politici cui guardano i cantanti dell’hinduva, venendone ricambiati e applauditi. Si tratta di Yogi Adytianath, di recente confermato col Bharatiya Janata Party alla guida del popolosissimo Stato (241 milioni di abitanti e 50 milioni di fedeli musulmani) dove le persecuzioni anti islamiche sono all’ordine del giorno. Il nome del monaco arancione - fedelissimo oltre che di Bhrama, Vishnu e Shiva del premier Modi - sarà l’uomo di punta del Bjp per le elezioni del 2024 alle quali il primo ministro uscente non potrà partecipare per somma di mandati. L’altro campione del fanatismo è Yati Narsinghan. Un’aneddotica diffusa a mezzo stampa lo fa monaco hindu per difendere questa fede dalla ‘Jihad musulmana’, che usa ogni mezzo per umiliare e soggiogare le ragazze indiane. Lui stesso racconta un fatto che ne ha segnato la svolta: una giovane hindu che, tramite un’amica era in contatto con uno studente islamico dello stesso collegio, venne costretta a fare foto e avere rapporti con molti studenti, subendo la doppia violenza fisica e psicologica. Scosso da tale vicenda, Yati che aveva studiato all’estero (la famiglia appartiene a un ceto medio-alto) per poi lavorare in Russia e in Inghilterra, tornò in India e scelse la via dell’ascetismo, successivamente condito dalla politica dell’hindutva. L’anti islamismo è diventato la sua missione, esaltata da un’ossessiva violenza oratoria. E sulle prediche e sulla scansione di note, il livore va.
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