Le ultime apparizioni e immagini ufficiali risalivano al giugno scorso, momento in cui per l’ottantatreenne ayatollah Khamenei dovrebbe essere iniziati nuovi problemi di salute. Notizie recenti lo danno sofferente allo stomaco e febbricitante, tanto da essere sottoposto a un intervento chirurgico intestinale. Otto anni fa Khamenei aveva subìto l’asportazione di un tumore alla prostata e in più occasioni - 2017 e 2019 - veniva dato per spacciato. Voci ricorrenti prevalentemente fra gli oppositori interni e della diaspora. Recentemente anche fonti vicine alle Guardie della Rivoluzione avrebbero ammesso nuovi malesseri della Guida Suprema, che comunque i dottori definiscono in via di graduale miglioramento sebbene la debolezza non gli consentirebbe gestire incontri pubblici. Uno era stato annunciato per questa settimana con un gruppo di studenti universitari. A fine agosto l’agenzia stampa Tasnim, volendo fugare dubbi sull’impossibilità di muoversi di Khamenei, ha mostrato le foto della sua visita al santuario Imam Reza di Mashhad, la città santa degli sciiti iraniani. L’ayatollah cammina senza alcun bisogno di sostegno, ed è immortalato mentre prega col capo riverso su una pietra tombale. Ma proprio questo viaggio potrebbe aver incrinato il fisico indebolito dai malanni e dalla rovente estate, da qui il blocco intestinale. Tutti i suoi appuntamenti sono stati annullati, compresa una riunione con l’Assemblea degli Esperti, l’organismo che dovrà nominarne il sostituto in caso di decesso. Davanti alle varie correnti del clero iraniano che s’incontrano e scontrano per questa nomina, la voce e le indicazioni della Guida Suprema che è destinata a lasciare, vengono tenute in considerazione. Così andò nel passaggio di consegne fra il Rahbar Khomeini e Khamenei stesso, preferito all’ultim’ora ad ayatollah di alto rango (marja-e taqlid) qual era nel 1989 Ali Montazeri. Il cambio di rotta fu causato da contrasti politici: Montazeri non accettava il proseguimento del conflitto con l’Iraq che dissanguava in ogni senso il Paese e le esecuzioni degli oppositori, per i quali chiedeva la “clemenza del profeta”. Khomeini non gli perdonò il contrasto. In questi giorni in cui il presidente Raisi si recava in Uzbekistan, all’incontro dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai, l’opposizione ha rilanciato la voce dell’avvenuta morte di Khamenei. Probabilmente un irrefrenabile desiderio che stavolta potrebbe avvicinarsi alla verità. Però realisticamente gli osservatori facevano notare che se l’evento fosse avvenuto Raisi sarebbe rimasto a Teheran. Negli appuntamenti che si susseguono, delicatissimi come la ventilata riapertura dei colloqui sul nucleare iraniano, la scelta di tale figura tuttora centrale e potentissima nella politica interna e internazionale della Repubblica Islamica, concentrerà attenzione e tensioni.
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