mercoledì 27 aprile 2022

Egitto: Sabahi, l’oppositore ossequioso

L’Iftar, il pasto serale che interrompe il digiuno nel mese sacro del Ramadan, è un momento di convivialità di famiglie e comunità. Nel caso mostrato dalle ‘immagini rubate’ ieri in occasione dell’Iftar delle autorità e diffuse attraverso la catena dei social, si possono osservare i saluti allegri e colloquiali fra il presidente al Sisi e un politico noto nel periodo della sua presa del potere: Hamdeen Sabahi. Capo di un partito denominato un decennio fa Corrente Popolare di tendenze tardo nasseriane e co-leader del sedicente Fronte di Salvezza Nazionale, il blocco che osteggiò pesantemente Mohammed Morsi eletto nel giugno 2012, Sabahi, più dei liberali Moussa e El Baradei, da sempre collusi col potere conservatore del mondo arabo che aveva prodotto presidenti come Sadat e Mubarak, diceva di voler dare corpo alla coscienza critica della società egiziana. S’ispirava allo spirito socialisteggiante di Nasser. In gioventù conobbe anche la reclusione per dissidenza sotto Mubarak, quindi diede sostegno alla rivolta di piazza Tahrir e corse per le presidenziali, nel 2012 e 2014. Ma a quel punto i giochi erano fatti. Il Fronte di Salvezza Nazionale era diventato il cavallo di Troia del ‘Consiglio Supremo delle Forze Armate’ passate da Suleimani e Tantawi ad al-Sisi, che provava ad abbattere il governo della Fratellanza Musulmana dopo che questa s’era imposta alle politiche della primavera 2012 e al test presidenziale del giugno seguente. Sabahi mise il suo faccione bonario, contro quello  che risultava ‘antipatico’ di Morsi facendo sue le posizioni più retrive del laicismo egiziano in diretta connessione con la potentissima lobby militare. Caddero nella trappola anche spiriti liberi del Movimento 6 aprile e tanti ‘cani sciolti’ della protesta che osteggiavano il conservatorismo della Confraternita islamica. Ma da qui a fungere da servitori, coscienti o meno, del disegno reazionario delle Forze Armate ce ne passava. Eppure questo è accaduto. Associazioni per i diritti, sindacati della sinistra riformista scelsero di sostenere un piano che li avrebbe fagocitati. Di lì a poco i meno coperti fra loro, gli attivisti di base, finiranno addirittura fucilati nelle piazze. Fra i primi accadde a Shaimaa al Sabbagh, colpita a morte il 24 gennaio 2015, quando al Sisi rilanciava una repressione ossessiva e soffocante, fatta di morte, prigione e paura diffuse. La tragica svolta non scosse affatto uomini come Sabahi che hanno continuato a barcamenarsi in politica, finché hanno potuto, fino a quando gli è stato permesso. Ovviamente senza subìre la coercizione rivolta ai veri oppositori, anzi fungendo da alibi per il regime egiziano, comprensivo e tollerante verso figure alternative. Di alternativo il contestatore Sabahi in questi anni ha elaborato ben poco, anzi ha cercato bonariamente di assecondare un nuovo raìs diventato uno spietato satrapo. Da quel che mostrano sorrisi e strette di mano immortalati dai cellulari di chi ieri era all’Iftar del regime, i rapporti risultano davvero cordiali.

 


 

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