martedì 28 dicembre 2021

India, odio di Natale

Un silenzio incendiario, più delle fiamme che di recente ad Agra hanno avvolto un Babbo Natale di stoffa, bruciato da militanti hindu. Il silenzio rovente è opera del premier Narendra Modi che normalmente di focoso ha l’eloquio con cui commenta e giustifica le violenze dei suoi seguaci. Quando queste colpiscono gli “animali a due zampe”, che per gli attivisti del Bharatiya Janata Party sono i cittadini musulmani, Modi plaude e arringa ancor più gli attivisti. Ultimamente bersaglio dei suoi picchiatori è stato un Cristo di Nazareth distrutto nel distretto di Haryana. Nessuno spargimento di sangue, ma nell’Uttar Pradesh dove la furia arancione è sempre viva, capannelli di fanatici hindu intonavano cori contro il Natale, i cristiani, le loro chiese, le conversioni. Idem a Delhi, Bihar, Karnataka, Kerala. Il clima rovente non ha interessato il governo e il leader ha scelto il silenzio, come se nulla stesse accadendo. Del resto per tutto il 2020 diversi Stati della Federazione indiana hanno conosciuto un crescendo di aggressioni, in quel caso anti islamiche. Venne anche coniato il termine Coronajihad con cui s’addossava ai musulmani la responsabilità di diffusione del Sars CoV2. In effetti nel marzo di quell’anno la confraternita Tablighi Jamaat riunì duemila adepti in un’area di Delhi, senza che l’esecutivo vietasse un raduno responsabile d’un primo slancio ai contagi. Egualmente un anno dopo, quando gli effetti della pandemia erano ben più gravi e il Paese aveva conosciuto un’emergenza diffusa con strutture ospedaliere al collasso e decine di migliaia di pire che bruciavano i cadaveri delle vittime, Modi non vietò il mega raduno hindu sulle rive del Gange per la festa del Kumbh Mela

 

Un’irresponsabilità reiterata e accresciuta dai grandi numeri, visto che quella ricorrenza si prolunga per tre mesi e vede la partecipazione di milioni di fedeli. Ma sul fronte religioso l’India di Modi concede e limita, secondo le appartenenze. Così le Missionarie di Madre Teresa di Calcutta si son viste negare contributi finanziari e i seguaci della chiesa cattolica temono di finire aggrediti e fatti a pezzi come la statua del Gesù. Quest’ultimi avevano osservato sgomenti, ma inerti l’onda d’odio che colpiva i cittadini islamici. Molti media di Stato, mentre davano voce ai capibastone dell’Hindutva pronti a proclamare in diretta come sia giusto “uccidere i traditori, gli eredi di Ali Jannah”, hanno tralasciato di evidenziare le ultime intolleranze religiose. Di fatto l’incontro fra il leader Bjp e papa Francesco è servito alla promozione personale che il Primo Ministro indiano fa di se stesso. Pacato, a mani giunte, quasi beato nelle assise internazionali, feroce in casa e favorevole al peggiore fondamentalismo degli squadristi del Rashtriya Swayamsevak Sangh (il gruppo paramilitare alleato) o di fanatici come il monaco Yogi Adityanath  primo ministro dell’Uttar Pradesh un tempo critico con la ‘moderazione’ del partito di maggioranza. Dal 2017 i rapporti fra Adityanath e Modi si sono rinsaldati anche per l’immenso potere assunto dal monaco-politico nel proprio Stato. Lui controlla direttamente la quasi totalità dei ministeri e copiosi affari. Tre anni addietro, con un accordo fra India e Corea del Sud, nella regione è stata creata la maggiore fabbrica di produzione di smartphone del mondo. Politologi indicano Adityanath quale futuro premier indiano nelle elezioni del 2024. Col monaco hindu al vertice cristiani e musulmani potranno solo tremare.

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