Sono in tante, e già formano un bel coro, le voci
pronte a dire che no, RoboCop-Saïed non è il golpista che appare. E’ un esperto
di diritto, proprio Costituzionale, non un militare assetato di potere
personale. Ha raggiunto la massima carica dello Stato evitando l’appoggio dei
partiti. Eppure… Eppure basterebbe osservare le sue mosse, compiute in parziale
disprezzo della Carta Costituzionale, cui comunque si richiama usando come grimaldello
norme interpretate soggettivamente. Quell’articolo 80 cui s’è richiamato per
sbarazzarsi d’un premier a dire di molti incapace, prevede la condivisione con
figure: il presidente della Corte Costituzionale, che da anni non è stata nominata, il
presidente del Parlamento, che lui ha evitato come la peste. L’ha evitato
perché quell’incarico è ricoperto da Rachid Ghannuchi, vecchio leader del non
amato partito Ennahda, e questo è comprensibile. Ma le regole sono regole e Kaïs
Saïed, mostra di amarle e soffrirle a piacimento. Ancor più non ama un
parlamento, dove il partito islamico ha una maggioranza, cosicché ne congela il
ruolo mentre cerca di cooptare un premier acquiescente al suo disegno. Che se
non sarà quello di imporre il futuro a suon di carri armati - ma mai dire mai -
usa come un carro armato una forzata sua autorità, cavalcando la polarizzazione
d’un Paese ampiamente in affanno. Per le politiche liberiste del fu presidente
Essebsi, per gli attacchi terroristici dell’Isis che da cinque anni hanno fatto
inabissare l’economia turistica, per la mediocrità del ceto politico tunisino,
islamico e laico, per la corruzione di troppi personaggi coinvolti nella
politica. Eppure da ‘cavaliere solitario’ orientamenti e progetti futuri Saïed
li mostra chiaramente quando duetta con gli uomini forti della restaurazione
del mondo arabo mediterraneo. Si consulta con lo staff del golpista Sisi, vede
di buon occhio il signore della guerra Haftar, la coppia egiziano-libica che
rientra nella restaurazione mediorientale orchestrata dal principe Bin Salman,
innovatore tecnologico-finanziario del suo impero redditiere, e oppressore dei
diritti appena si può, un po’ ovunque.
Questa è l’altra faccia dell’espansione regionale di cui l’Occidente
accusa, non a torto, la Turchia erdoğaniana ma nel Risiko delle varie sponde
mediterranee, fra chi c’è e chi vorrebbe esserci e dettar legge, la partita è
variegata e apertissima. La minuta e travagliata Tunisia si ritrova schiacciata
in un disegno geopolitico certamente più grande di lei, bisognosa di aiuti
sanitari, come tante nazioni africane, per il flagello del Covid e desiderosa
d’aiuto esterno per offrire lavoro alla sua gente, per metà disoccupata o
ridotta alla stessa disperazione di cui s’immolò Bouazizi. A conferma della
spaccatura che corre nelle menti del popolo tunisino ci sono le opposte considerazioni
esposte in queste ore. La scrittrice Hela Ouardi, docente di letteratura presso
l’Università di Tunisi, dichiara al Corriere
della Sera che non è in corso l’ennesimo scontro fra mondo laico e
islamico. A suo dire Saïed sta lavorando come un chirurgo (sic) anche se i suoi
tagli estirpano un premier, mettono in coma il Parlamento… Invece Saida
Ounissi, deputata e portavoce di Ennahda, intervistata da Al Jazeera (da Doha perché la redazione dell’emittente a Tunisi è
stata fatta chiudere da RoboCop), afferma: “La
questione è chiara, il presidente Saïed sta attaccando la democrazia. La sua
azione produce una sorta di confisca del potere, ovviamente illecita. Il
riferimento all’articolo 80 della Costituzione è solo un pretesto. Non esiste
alcun pericolo imminente per la nazione. Esistono problemi di salute pubblica
per la pandemia da Covid, e vanno risolti anche con l’aiuto internazionale che
invece è avaro di dosi vaccinali e di strumenti sanitari. Esistono problemi
economici e di gestione amministrativa, non diversi da quelli che si sono
accumulati per anni, sotto varie gestioni politiche”.
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