giovedì 4 febbraio 2021

Erdoğan tuona: universitari come terroristi

Il Sultano sente odore di Gazi Park perciò lancia un monito che ha il sapore d’una condanna. Oggetto la protesta studentesca che da un mese monta nell’università Bogazici, terza accademia di Istanbul, contro la nomina d’un rettore (Melih Bulu) fatto calare dall’alto e vicino al partito di governo, l’Akp. Gli universitari hanno alzato la voce, hanno manifestato, e immeditamente si son visti inseguiti dai caschi bianchi della polizia, colpiti da manganelli e lacrimogeni. Ora il clima si fa pesante: il presidente in persona si pronuncia e lancia l’anatema: chi prosegue nella contestazione verrà accusato di sovversione e terrorismo. Per riaprire un conflitto interno dopo aver catalizzato la nazione, a seguito del tentato golpe del 2016, nel cercare capri espiatori fra i traditori gülenisti con tanto di mega purghe nelle forze dell’ordine, forze armate, pubblica amministrazione, magistratura, il presidente turco deve avere un funesto presagio. Aveva compattato un’ampia maggioranza a difesa della patria turca, contro ogni nemico e ne ha cercati fuori dai confini, su varie aree d’interesse in Medio Oriente, nel Mediterraneo di Levante, in Libia e anche in terra caucasica. Tornare ad arare il terreno di casa con un intervento repressivo, peraltro rischioso per quella tranquillità interna inseguita per il centenario nazionale del 2023, è l’ennesimo azzardo con cui vive la politica.  

Ma l’ossessione della gioventù ribelle della metropoli meno turca della Turchia, dove peraltro il suo partito ha perso le elezioni amministrative nel 2019, lo perseguita.  Faremo qualsiasi cosa per prevenire un montare delle proteste. Non permetteremo di vivere un nuovo Gezi”. Così a seguito di cortei improvvisati a Istanbul e Ankara, dispersi a suon di cariche e gas urticanti, si registrano già 300 arresti. Al rifiuto dell’imposizione del rettore l’insubordinazione studentesca aggiunge questioni di costume. Gli esponenti del movimento LGBTQ hanno appeso presso gli uffici universitari un poster d’un luogo sacro dell’Islam col proprio simbolo. Dunque lo scontro si sposta su un terreno sul quale il presidente può giocare l’arma identitaria della Turchia che insegue la grandezza imperiale attraverso la fede islamica. E nel Paese già si scatenano commenti e marchi contro i “devianti” vergogna della  popolazione. Mentre si registra una nota del portavoce del Departimento di Stato americano, preoccupato per la repressione anti studentesca e sconcertato per la retorica di condanna sulle tendenze sessuali di cittadini. E se dall’opposizione repubblicana si chiedono le dimissioni di Bulu, quest’ultimo dichiara di non aver mai pensato a un simile passo sin dall’inizio delle contestazioni.  

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