S’approssima il voto
popolare sul presidenzialismo turco. Nel fine settimana Erdoğan s’è recato
nella tana del lupo: l’Istanbul riottosa, laica, ribelle, colei che con la rivolta
del Gezi park ha segnato l’avvìo della terza fase politica del percorso del
premier e ora presidente, caratterizzata dallo scontro e dal dominio. Incondizionati.
Quella, comunque, è anche la sua tana. Lì ha iniziato l’ascesa al potere,
vestendo i panni di sindaco e negli anni una grossa fetta della metropoli
cosmopolita s’è fortemente islamizzata. Gli istanbulioti e le tantissime
giovani istanbuliote che hanno partecipato alla manifestazione per il sì hanno
dato energia alla prova di forza voluta lì predisposta. Ragazze orgogliosamente
velate agitavano cartelli con l’immagine del presidente, per nulla preoccupate del
soffocamento democratico che lamentano i sostenitori del no. Sul Bosforo i repubblicani,
la gioventù laica di sinistra, la comunità kurda, oppositori storici dell’autoritarismo
militare o islamista, secondo i sondaggi opporranno una resistenza in ogni
urna, ma rovesciare i pronostici che danno vincente il sì risulterebbe un
miracolo. Il padre-oratore ha infiammato i sostenitori dicendo che col voto
occorre “Far tremare i cuori di coloro
che hanno contaminato quella città 99 anni fa”. Il riferimento è
parzialmente criptico. Andando al primo conflitto mondiale l’oggetto è
straniero: quella Germania e Olanda che, di recente hanno impedito ai ministri
di Ankara d’incontrare i connazionali che sono elettori al referendum di
domenica prossima. L’immensa platea ha risposto a tono: “Erdoğan è il nostro eroe, ha risollevato la nazione e il popolo”. “Le trasformazioni in corso rendono il Paese
più forte”. “Con un governo forte
saremo più tutelati e sicuri contro il terrorismo”. Per il sultano una
magnifica conferma che la linea securitaria trova conforto e sostegno fra la
gente. E visto che l’offensiva paga, e forse anche le offese, il presidente ha
lanciato un rush finale scoppiettante. Ieri ha rivolto un’esplicita accusa a Kılıçdaroğlu,
affermando che nella notte del golpe fallito il leader repubblicano avesse
patteggiato coi gülenisti una fuga per abbandonare Istanbul sotto attacco del
manipolo putschista.
Dal
quartier generale del Chp non sono giunte reazioni esasperate. Avranno pensato
che di fronte a sondaggi che vedono in ripresa il fronte del no, è meglio non cedere
alle provocazioni per non interrompere il trend con una rissa anche solo
verbale. L’entourage erdoğaniano non aspetta altro. Oggi risponde con
un’intervista esclusiva ad Al Jazeera
uno degli esponenti del no, Sezgin Tanrikulu. Sostiene che il processo
riformatore è nato male: “Le costituzioni devono avere la condivisione
di cittadini e forze politiche, noi andiamo al referendum in un clima di
polarizzazione, non di compromesso”. “Anche
il Chp vede certi difetti del sistema parlamentare, ma le proposte dell’Akp
riescono ad acuire i problemi anziché risolverli. Mentre si abolisce il sistema parlamentare, si va a introdurre un
modello maniacale senza precedenti. Il sistema parlamentare non è qualcosa
d’intoccabile e sacro, però le questioni che la Turchia attraversa non
dipendono da esso, ma dal percorso politico che il Paese ha intrapreso. Ad
esempio c’è un problema di rappresentanza con una soglia elettorale al 10% che
entrò in vigore dopo il golpe del 1980. Questo difetto è stato ampiamente
utilizzato dal partito di governo a discapito di rappresentanze minori”. E
aggiunge: “Nella scadenza elettorale
l’Akp sta riversando la ricerca del consenso per la propria linea senza
affrontare alcune contraddizioni della fase attuale. Punta a un sì incondizionato,
nonostante il conflitto coi kurdi sia tornato a infiammare il Paese; nonostante
siano riapparsi palesi orientamenti antidemocratici degli apparati statali.
Anche i contrasti con Germania e Olanda
appartengono a polemiche fra destre politiche che si alimentano a vicenda,
sperando di ottenerne vantaggi nell’urna”. Intanto s’è avviata la consultazioni
dei turchi all’estero. Su tre milioni ha votato meno della metà, i dati ufficiosi
ne contano poco più di 1,2 milioni.
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