Povertà vecchia e nuova - Dal
Cairo giungono simili notizie: un ristoratore che finora pagava un suo cuoco attorno
alle 1000 lire egiziane mensili (oltre 800 dollari, casi rari ma esistenti) con
l’inflazione in corso si troverà a raddoppiare e forse triplicare il salario fino
a 2500 dollari attuali. Ma il valore di quel denaro non sarà più tale per la
svalutazione monetaria in corso nel Paese e la caduta d’ogni potere d’acquisto.
La crescita inflattiva (+14% a settembre) e l’aumento del costo della merce stanno
rendendo difficile la vita quotidiana, anche a quei ceti dallo stipendio certo,
figurarsi al 28.8% di abitanti annoverati come poveri. Quest’ultima percentuale
è ufficiale, dunque contratta per difetto. La stima di poveri e impoveriti è
aumentata perché l’economia da oltre cinque anni segna il passo e non migliora
affatto. L’ultimo prestito del Fondo Monetario Internazionale all’Egitto ammonta
a 12 miliardi di dollari ed è giudicato dal governo sufficiente per sostenere
un’economia malaticcia, però in grado di tirare avanti. Per quanto tempo? Anche
gli economisti interni s’interrogano sull’incertezza scaturita dalla scarsità
di capitali esteri e conseguenti
investimenti. Nel corso dell’estate l’incremento dei prezzi è stato generalizzato,
dall’olio, farina e zucchero - che in alcuni casi i grossisti hanno problemi a
reperire - all’elettricità. Aumenta tutto e gli osservatori affermano che in un
Paese importatore per 60 miliardi di dollari ed esportatore per 20 miliardi,
qualsiasi carenza monetaria può significare una mancanza delle più svariate
forniture.
Ceto medio addio - Qualche mossa,
a metà strada fra il demagogico e l’autolesionista, il governo la compie.
Scontenta i ceti più indigenti risparmiando sui sussidi e aumentando il prezzo
dei pubblici servizi, introduce una nuova tassa (chiamata Vat) che avrà
l’effetto di riversarsi sui prezzi dei principali prodotti. Al contempo cerca
di convincere la popolazione a sacrificarsi: “Le coraggiose riforme accorceranno la strada” “Possiamo razionare i consumi,
ridurre le importazioni” inneggiano con enfasi i cartelloni pubblicitari
che svettano negli angoli più in vista della capitale, come il viadotto 6
Ottobre nei dintorni di Tahrir. Nel cerchiobottismo del regime è prevista anche
la carotina, così da qualche settimana esecutivo e apparato militare (gestore
di molti prodotti e approvvigionamenti agricoli) hanno lanciato una campagna di
offerta della merce a prezzi scontati. Secondo alcuni economisti, mentre la
rete di sostegno sociale creata dal governo può aiutare casi singoli,
nell’insieme essa non può mitigare l’impatto dell’inflazione, soprattutto su un
ceto medio reso molto vulnerabile. Studi internazionali (Rapporto sul benessere
sociale) stimano che questo strato della popolazione raccoglie attualmente solo
il 5% degli egiziani, con una caduta del 48% nell’ultimo quindicennio. Dal
canto suo la Banca mondiale ha calcolato una diminuzione della classe media
egiziana dal 14% al 9.8% dal 2000 al 2010. Forse la forbice fra i due studi è
troppo ampia, sebbene l’ultimo quinquennio rappresenti il buco nero di
quell’entrata che rivaleggiava coi dazi doganali del Canale di Suez: gli
introiti turistici. Entrambe sono le voci cardine del Pil nazionale.
Diritto allo studio, un lusso - La stampa ufficiale interna (Al-Ahram) ha indagato fra categorie di lavoratori ancora
considerate sicure: gli addetti a una società energetica, che nelle ultime stagioni
hanno conosciuto addirittura un aumento di stipendio, ma il cui potere
d’acquisto risulta pur sempre fortemente diminuito. Costoro, in quella che era
la classe media, sono soggetti a rinunce: devono considerare surplus e beni di lusso
anche lo studio dei propri figli. Non solo l’iscrizione all’università, ma la
stessa scuola superiore sta diventando un miraggio. In queste famiglie un tempo
agiate, la merce che fa tendenza e che viene inseguita, ad esempio i cellulari,
si possono acquistare solo a scapito di vacanze o qualche viaggio. Ribadiamo:
si parla di gente che poteva permettersi simili svaghi e fatica a mantenere lo
status oppure l’ha dovuto abbandonare. Per loro oggi è un lusso garantire ai
figli lo studio, un’abitazione dignitosa, una mobilità comoda tramite un’auto
privata. I grandi progetti statali (raddoppio canale di Suez) hanno esaurito le
riserve estere e alcuni economisti affermano che, accanto ai lavori pubblici, l’attenzione
nazionale dovrebbe essere rivolta all’incremento di attività produttive. Per
ora il refrain dei sacrifici individuali e collettivi viene rilanciato da
personaggi pubblici che mettono la propria faccia al servizio della nazione e
di chi la dirige.
“Il controllo
della gente” - Amr Adib,
noto anchorman televisivo s’è gettato a capofitto nell’iniziativa chiamata “Il controllo della gente” che si propone
di abbassare i costi delle materie prime e degli stessi profitti commerciali del
20%. E’ un appello trasversale rivolto ai magnati di produzione e commercio,
dunque a certi tycoon come Sawiris e Salem mai usciti dal grande giro
affaristico, e ai mercanti di grande e piccolo calibro, Forze Armate comprese. Si
tratta di un’iniziativa un po’ populista ma concreta che comunque, secondo certi
esperti, pur mitigando i contraccolpi sociali non durerà più di qualche mese.
Al di là dei proclami le misure del governo si dimostrano impotenti di fronte a
un’inflazione crescente che abbatterà il potere d’acquisto di strati sempre più
vasti della popolazione su ogni tipo di merce. E poiché la situazione diventa addirittura
più critica dei tempi di Mubarak, c’è chi pronostica l’ennesima esplosione di
rivolte di piazza, sebbene la repressione continui a essere durissima. Non da
impedire le azioni di nuclei armati. Una settimana fa un commando ha freddato
davanti alla sua abitazione il generale Adel Ragaei, fedelissimo di Sisi, che aveva
diretto la distruzione dei tunnel del contrabbando sul confine fra la cittadina
di Rafah e la Striscia di Gaza e organizzato i trasferimenti forzati degli
abitanti di quel territorio. Un agguato probabilmente condotto da gruppi dell’opposizione
al regime dislocati nel Sinai, attivi in proprio o in connubio col jihadismo
filo Isis. E la mancanza di sicurezza e l’instabilità tengono a distanza
qualsiasi investimento estero.
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