Quattordici vittime è
l’ennesimo tributo di morte pagato ieri dagli oppositori al colpo di stato nei
cortei riproposti, come quasi ogni venerdì al Cairo, Alessandria, Ismailia,
Minya. Più sessantadue feriti, secondo dati diffusi dal ministero della Salute
egiziano. Per l’ormai fuorilegge Fratellanza Musulmana, cuore pulsante della
protesta delle quattro dita (Rabaa, dal luogo della strage d’agosto) i martiri di
questo venerdì sarebbero diciassette. Si sommano alle centinaia di cittadini
passati per armi dalla scorsa estate con uno stillicidio che non risparmia una
parte degli attivisti Tamarrod che, rivedendo le posizioni pro-esercito assunte
a primavera, ora manifestano contro il divieto di esprimere dissenso. Questo,
secondo le direttive dell’esecutivo El-Beblawi, rappresenta “un attentato alla sicurezza” che prevede
d’ufficio cinque anni di detenzione per i semplici partecipanti ai cortei e una
possibile condanna a morte per i leader delle proteste. Tutti terroristi,
dunque, coloro che scendono in piazza. Nel primo venerdì del 2014 ne sono stati
arrestati altri 258, accusati d’essere appartenenti alla disciolta Brotherhood
e colpevoli d’aver attentato alla vita di poliziotti e soldati schierati nelle
strade.
sabato 4 gennaio 2014
Egitto, la morte del venerdì
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